Gli attacchi hacker e i “pieni poteri” al presidente del Consiglio

Adolfo Urso ha parlato di minaccia hacker che si è concretizzata perché "la Russia è il Paese più attrezzato"

13/05/2022 di Gianmichele Laino

Tornando un po’ indietro nel tempo e pensando a come furono strumentalizzati gli strumenti come i dpcm, potremmo dire che la proposta – non nuova in verità: è già da un po’ di tempo che sta circolando – di affidare “pieni poteri” al premier in caso di attacchi hacker suona molto come se si volesse sconfiggere il cyber-crime o il cyber terrorismo per dpcm. In realtà il ragionamento è più ampio e prevede l’assimilazione di ogni attacco informatico, appunto, all’attacco terroristico, spingendo il potere esecutivo ad avere maggiore mano libera, come se si stesse affrontando una situazione di emergenza. La proposta – che era stata incardinata già qualche tempo fa – sembra subire una accelerata all’indomani dell’attacco hacker di Legion-Killnet a diversi portali istituzionali italiani, tra cui il sito del ministero della Difesa e quello del Senato (senza contare quello all’Istituto Superiore di Sanità). A proporre che al presidente del Consiglio vadano affidati poteri speciali in caso di attacco hacker è il presidente del Copasir Adolfo Urso.

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Attacchi hacker e premier: quali dovrebbero essere i suoi poteri secondo il presidente del Copasir

Secondo l’esponente di Fratelli d’Italia, in caso di attacco hacker, bisognerebbe individuare un quadro normativo tale da permettere al presidente del Consiglio di intraprendere «qualsiasi misura che possa essere proporzionata al suo contrasto». Insomma, orizzonti particolarmente larghi e mano libera per affrontare un problema su cui, purtroppo, anche a livello istituzionale c’è ancora tanta confusione. Inoltre, se sarà il presidente del Consiglio ad avere pieni poteri sugli attacchi hacker risulterà complesso inquadrare il ruolo dell’Agenzia Nazionale della Cybersicurezza, che è stata fondata da qualche mese e che, in questa fase, sta entrando a regime.

Il presidente Urso parte però da una considerazione su cui è legittimo avanzare qualche riserva: «Gli attacchi statuali sono ovviamente per loro natura politici». In realtà non è sempre così e basta astrarsi solo per un attimo da questo clima di guerra che stiamo vivendo. Nonostante l’etichetta “terroristica” fosse stata data all’ormai tristemente noto attacco hacker al portale della Salute della Regione Lazio (un attacco “statuale”, appunto, visto che ha colpito una infrastruttura che verrà inserita a breve nel perimetro della cybersicurezza, come quella sanitaria), quella tipologia di attacco non aveva motivi politici, ma esclusivamente quelli criminali di ottenere il maggior profitto sui dati personali dei cittadini. È lo schema dei ransomware. Certo, se l’orizzonte è solo quello dell’attacco subito dal sito della Difesa e da quello del Senato, ecco che la forma “politica” dell’attacco si può configurare. Anche se c’è attacco politico e attacco politico: più che un’azione di guerra, quella a cui abbiamo assistito due giorni fa è stata un gesto dimostrativo. Come se, al posto di una guerriglia con bombe a mano, fosse stato assaltato un palazzo con gavettoni di vernice e uova marce.

Insomma, parlare di pieni poteri al premier in questo contesto può sembrare esagerato, soprattutto se si investe – come peraltro ha ricordato lo stesso Urso – su un’apposita agenzia e sul cloud della Pubblica Amministrazione.

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