Assassinio di Carmine “Mino” Pecorelli: avviate nuove indagini

Si riapre il caso dell’omicidio di Carmine “mino” Pecorelli, il giornalista che venne ucciso il 20 marzo 1979 a Roma. I magistrati hanno affidato agli agenti Digos il compito di svolgere degli accertamenti preliminari in seguito all’istanza depositata dal legale di Rosita Pecorelli, sorella del giornalista, lo scorso gennaio.

Riaperte le indagini sull’assassinio di Carmine “Mino” Pecorelli: richiesto l’esame della Beretta 765

Valter Biscotti, legale di Rosita Pecorelli, ha richiesto al pm di avviare degli accertamenti balistici su alcune armi sequestrate nel ’95 a Domenico Magnetta, ex esponente di Avanguardia Nazionale. Tra queste armi ci sarebbe infatti anche una pistola Beretta 7.65 e dei silenziatori: la pistola in questione non è mai stata però messa a confronto con i 4 proiettili che uccisero Pecorelli in Via Orazio, sparati proprio da una 7.65.

Nella documentazione presentata dal legale davanti al pm è inclusa anche la dichiarazione fatta nel 1992 all’allora giudice istruttore Guido Salvini da Vincenzo Vinciguerra: l’ex terrorista dichiarò di aver sentito, mentre si trovava in carcere, due militanti di estrema destra sostenere che l’arma dell’omicidio Pecorelli fosse proprio in mano a Magnetta, che venne arrestato tre anni dopo a Monza.

L’assassinio di Carmine “Mino” Pecorelli: una morte senza colpevoli

L’assassinio di Mino Pecorelli fa parte dei grandi misteri irrisolti della storia italiana. Ufficialmente il caso venne chiuso nel 2003, quando la Corte di Cassazione annullò senza rinvio la condanna inflitta in appello a Giulio Andreotti e a Gaetano Badalamenti,  che erano stati condannati dalla corte d’assise d’appello di Perugia a 24 anni di reclusione come mandanti dell’omicidio. Il nome del sette volte presidente del Consiglio era stato iscritto nel registro degli indagati nel 1993 ,dopo la confessione del pentito di Cosa Nostra Tommaso Buscetta, il quale accusava Andreotti di contiguità con la mafia. Vennero accusati di essere gli esecutori materiali del delitto Massimo Carminati e Michelangelo La Barbera, che vennero assolti nel 2002.

(credits immagine di copertina:  Wikipedia)

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