Covenant Eyes: arriva la app per non farvi guardare più porno
09/12/2019 di Daniele Tempera
Una sorta di “Grande Fratello” in grado di indicarvi la strada della virtuosità nel mare magnum del peccato digitale. Se gran parte degli affari sulla rete sono legati al mondo del porno e, sembrano in aumento le dipendenze, arriva ora una app finalizzata a dissuadervi dal consumo di materiale hard. Si chiama “Covenant Eyes” ed è strato progettato da un ex membro della NSA (la National Secuirity Agency americana). E forse non è un caso: il fuinzionamento, infatti, non è proprio dei più “discreti”. La app monitora e scansiona tutto quello che vediamo con il nostro telefono e i nostri strumenti digitali. Il sistema esegue degli screenshot dei nostri “spostamenti web”, che vengono poi decifrati da algoritmi in grado di riconoscere i differenti contenuti. Se vengono trovate attività connesse con il porno o il mondo dell’hard, gli screenshot vengono inviati a nostri ipotetici “alleati”. Gli alleati sono della sorta di controllori: amici o famigliari che hanno il compito di farci desistere dalla strada della perdizione. Ne deriva una sorta di piccola gogna a fin di bene, volta a eliminare il vizio e a farci riacquisire la virtù perduta.
Le critiche e un testimonial d’eccezione
L’app costa quasi 16 dollari al mese e, nella mente degli ideatori, dovrebbe essere indirizzati a tutti quelli che soffrono da vera e propria dipendenza da contenuti hard. Una sorta di “autocontrollo parentale” che ha fomentato e galvanizzato negli Stati Uniti molte associazioni religiose di stampo cristiano evangelico. E l’app ha già il suo primo testimonial di eccezione: l’ex star dell’NBA Lamar Odom, famoso anche per aver sposato con Khloé Kardashian, matrimonio naufragato anche per la dipendenza da porno di lui.
Tutto ok, quindi? Non esattamente. La dipendenza da porno, non è al momento una patologia psichiatrica, non essendo contemplata nel Manuale Statistico Diagnostico, mentre gli studiosi insistono che l’eventuale dipendenza da porno non possa essere accostata a quella da alcool o da gioco, in quanto il cervello si attiverebbe diversamente. Un’evidenza che dovrebbe condurre anche a trattamenti terapeutici diversi, possibilmente con l’aiuto di un professionista. Ma attualmente sono 300.000 le persone che hanno optato per questa sorta di piccolo “Grande Fratello” con l’obiettivo di mondare il peccato che si annida nelle nostre vite digitali. Uno scenario basato su una sorta di “Inquisizione” auto-inflitta che sembra proiettarci indietro di diversi secoli. È il mondo digitale, bellezza.