Il giallo delle intercettazioni su Siri: «La frase sui 30mila euro non è nei fascicoli»
25/04/2019 di Redazione
Una frase attribuita a Paolo Arata sul caso di Armando Siri, il sottosegretario della Lega indagato per corruzione, è finita nel mirino delle polemiche. In un articolo di questa mattina, il quotidiano La Verità ha riportato la notizia di una smentita, da parte di uno degli inquirenti, sulla presunta affermazione, da parte di Paolo Arata, l’imprenditore dell’eolico molto vicino alla Lega, rivolta al figlio sul «costo» della modifica di un emendamento, per un ammontare di 30mila euro.
Armando Siri, il giallo dell’intercettazione sui 30mila euro
La frase era stata riportata da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera ed era stata ripresa da diverse altre testate: avrebbe marcato, quindi, il segnale definitivo del reato contestato al leghista. Dietro a quella frase, infatti, ci sarebbe stata la prova delle modifiche di emendamenti fatte da Siri dietro compenso. Insomma, la configurazione perfetta del reato di cui viene accusato.
Secondo gli inquirenti, quella frase non è nel fascicolo
Stando però alle parole di un inquirente, citate dal quotidiano La Verità, dopo la lettura degli articoli, i magistrati di Roma, che hanno condotto l’inchiesta coadiuvati da quelli di Palermo, sarebbero caduti dal pero e avrebbero cercato, in lungo e in largo nei fascicoli, quella frase che Paolo Arata avrebbe pronunciato, non riuscendo a trovarla. «Le intercettazioni sui giornali? – dicono a La Verità – Non esistono, sono false. Quelle frasi non ci sono nei fascicoli».
Stando alla tesi portata avanti dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, infatti, sono state fatte proprie le tesi dell’accusa e sarebbero state virgolettate e attribuite a una delle persone coinvolte nell’inchiesta. Un’operazione borderline che, se fosse confermata, sarebbe molto grave e metterebbe nuovamente sul banco degli imputati le intercettazioni che, spesso prematuramente, vengono pubblicate sulla carta stampata.
FOTO: ANSA/ALESSANDRO DI MEO