Forza Italia, l’addio di Verdini a Berlusconi: «Ho i numeri per il mio gruppo al Senato»

Non è bastato il pranzo a Palazzo Grazioli per ricomporre la frattura, ormai insanabile. L’ex plenipotenziario azzurro Denis Verdini ha confermato a Silvio Berlusconi la volontà di lasciare Forza Italia, rivendicando di aver raggiunto “quota 10” per formare entro la prossima settimana – martedì o mercoledì – un gruppo autonomo al Senato. A Palazzo Madama, dove la tenuta della maggioranza renziana è precaria, sarà così l’ex regista del patto del Nazareno a fornire il salvagente al premier, in cantiere ormai da mesi. «Abbiamo i numeri per formare il nostro gruppo al Senato, c’è soltanto un indeciso (Riccardo Villari, eventuale capogruppo, ndr), ma sullo strappo non si torna indietro», ha confermato a Giornalettismo un fedelissimo del senatore toscano. Alla Camera, invece, la soglia necessaria di 20 deputati è troppo lontana: «Saremo in otto a uscire, ma entreremo nel gruppo Misto formando una nostra componente», conferma un deputato verdiniano da Montecitorio.

Verdini lascia Forza Italia Berlusconi
Denis Verdini (Immagine d’archivio, Photocredit: Giornalettismo)

VERDINI, ADDIO A BERLUSCONI E A FORZA ITALIA. E RIVENDICA: «LA PROSSIMA SETTIMANA IL GRUPPO AUTONOMO AL SENATO» –

Nel giorno in cui per il senatore toscano è arrivato il rinvio a giudizio dal Gup di Firenze, con l’accusa di bancarotta fraudolenta, per il fallimento di una ditta che aveva un debito di 4 milioni di euro con il Credito Cooperativo fiorentino da lui presieduto, si è consumato anche il divorzio dall’ex premier e dal partito del presidente azzurro. «Un passo indietro? No, ormai è improbabile, le posizioni sono troppo distanti. Non ci hanno ascoltato per mesi…», confermavano da Montecitorio alcuni parlamentari molto vicini all’ex coordinatore forzista, poco prima della fine del vertice di due ore nella residenza del Cav. Un incontro al quale avevano partecipato, nel tentativo di evitare la scissione, anche Gianni Letta e Fedele Confalonieri, filo-Nazareni come Verdini. Oltre a Niccolò Ghedini. Nulla da fare. Lo strappo non sarà evitato.

Da mesi, dopo il fallimentare affaire Quirinale per Berlusconi, Verdini era stato ormai emarginato dalla gestione di Fi dalla tesoriera Maria Rosaria Rossi e dal resto del cerchio magico di Silvio Berlusconi. Al contrario, i rapporti tra Verdini e il sottosegretario dem Luca Lotti non si erano interrotti, al di là della fine dell’accordo politico tra il Cav e il presidente del Consiglio su riforme e legge elettorale. Ora, la decisione di uscire allo scoperto, dopo uno scouting tra i gruppi parlamentari e mesi di trattative.

VERDINI E IL SALVAGENTE PER RENZI. MA LA MINORANZA DEM ATTACCA IL PREMIER –

Non c’è più spazio per compromessi con il Cav, né per rinvii a settembre per la componente autonoma a Palazzo Madama. Non è un caso che Verdini si sia presentato all’incontro con Berlusconi con la lettera d’addio già pronta. Una missiva destinata al presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso, con la quale verrà siglata la nascita di “Azione popolare liberale e autonomie“. Ovvero, il gruppo dei “nuovi Responsabili” con il quale il senatore toscano intende «allungare e blindare la legislatura», puntando al 2018.

«Poi, chissà, bisogna farsi trovare pronti», spiegavano fonti interneGiornalettismo. Perché l’obiettivo a lungo termine, nonostante le smentite dal fronte renziano, è quello di lavorare per costruire quel Partito della Nazione già vagheggiato da Renzi. Un nuovo contenitore nel quale Verdini e i suoi coltivano l’ambizione di poter sostituire la sinistra interna in casa dem. Non è un caso che al Nazareno le minoranze si siano già scatenate contro il segretario: «Renzi deve chiarire su Verdini e gli amici di Cosentino. C’è un’enorme questione politica, è un errore lavorare a una stampella trasformista della destra», ha attaccato l’ex capogruppo Roberto Speranza.

«Ma no, qui si parla soltanto di dialogo sulle riforme. Verdini non entrerà mai in maggioranza, né nel Pd. La questione non esiste», ha replicato, intervistato da Giornalettismo il senatore dem Francesco Verducci, allontanando l’ombra di convergenze mal digerite. Eppure, il gruppo dem al Senato è in fibrillazione: «Verdini cerca soltanto protezione, tutto questo non c’entra nulla con le riforme e la Costituzione», ha provocato il senatore bersaniano Miguel Gotor, a capo della fronda già pronta a dare battaglia sul Ddl Boschi a settembre. Già in passato era stato Massimo Mucchetti ad avvertire Berlusconi, quando il Nazareno non era stato ancora archiviato dal Cav: «Sicuro che il patto non serva di più a Verdini?». Evocando le grane giudiziarie nelle quali il senatore toscano è coinvolto. Ombre che vengono rilanciate anche in casa azzurra, tra i berluscones.

Verdini Berlusconi Forza Italia

IL GRUPPO DEI VERDINIANI –

Di certo, il rapporto tra Berlusconi e Verdini è ormai logoro. E il divorzio, con tanto di gruppo autonomo dei verdiniani, sarà «ufficializzato entro la prossima settimana», confermano. Perché, nonostante la marcatura di Berlusconi, che ha chiamato senatore per senatore per evitare la diaspora, i numeri per i fedelissimi di Verdini «sono sufficienti». Del drappello dei nuovi responsabili faranno sicuramente parte, oltre a Verdini, il craxiano Lucio Barani (insieme al sempre presente garofano rosso nella tasca della giacca), il fedelissimo Riccardo Mazzoni, che con Verdini fondò il “Giornale della Toscana”. E poi c’è la componente campana. Con Vincenzo D’Anna, che si beccò un vaffa dal Cav durante un’accesa riunione del gruppo Fi-Gal e che ha già sostenuto De Luca alle ultime Regionali campane. Ma non solo: da Conservatori e Riformisti arriveranno Ciro Falanga ed Eva Longo, per poche settimane fittiani. Saranno gli unici, dato che Fitto e i suoi hanno risposto picche alla proposta di Verdini di «fare massa» in chiave anti-Cav e radunare i dissidenti. Impossibile per l’ex governatore pugliese: «Noi vogliamo restare all’opposizione, Verdini lavora a una prospettiva opposta», come ha confermato a Giornalettismo l’ex Fdi Massimo Corsaro, ora vicino a Fitto. 

Per raggiungere “quota 10”, nel gruppo di Verdini – al di là dell’incontro tra Berlusconi e l’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo – dovrebbero alla fine entrare anche Antonio Scavone e Giuseppe Compagnone, ora in Grandi Autonomie e Libertà. Anche perché l’ex leader Mpa sarebbe pronto a dare il via libera al loro ingresso, dopo aver ascoltato i progetti di Renzi sulla Sicilia. E anche Giuseppe Ruvolo (vicino all’ex ministro Saverio Romano) dovrebbe alla fine convergere con Verdini. In pratica, tutta la componente sicula “strappata” allo stesso Fitto, dopo alcuni iniziali contatti degli stessi con CoR. Nel gruppo verdiniano a Palazzo Madama dovrebbe poi entrare anche Riccardo Conti, fedele a Verdini già passato al Misto, dato per titubante. In alternativa, sono convinti i “sicuri”, ci sarà qualche altro nome: anche perché Verdini sta facendo di tutto per chiudere, contattando mezzo Parlamento, grillini ed ex pentastellati compresi. E dal Gal potrebbero arrivare anche l’ex leghista Davico e Pietro Langella. «Bisogna chiudere», è la priorità. Anche perché aspettare la pausa estiva sarebbe deleterio, con il rischio di ripensamenti.

A Montecitorio i verdiniani si accomoderanno invece al gruppo Misto: oltre ai fedelissimi Ignazio Abrignani, Luca D’Alessandro, l’ex coordinatore toscano Massimo Parisi, Giovanni Mottola e l’ex sindaco di Castiglione della Pescaia, Monica Faenzi, secondo fonti parlamentari sarebbe pronto a lasciare il gruppo di Brunetta anche Carlo Sarro (indagato per turbativa d’asta, in un primo tempo era stato destinatario di una richiesta d’arresto, poi annullata dal Riesame, da parte della Dda di Napoli, ndr). Così come dovrebbero presto dire addio anche l’ex ministro Saverio Romano e il calabrese Giuseppe Galati. Gli ultimi due già in passato “fittiani”, poi critici verso la strategia politica scelta dal ribelle pugliese.

ANCHE FITTO PRONTO A CHIUDERE PER IL GRUPPO ALLA CAMERA: «SIAMO IN 19» –

Per il Cav la scissione dei verdiniani non sarà però l’unica grana interna. Perché, come confermano fonti interne a Giornalettismo, sarebbe ormai pronto anche il gruppo autonomo degli stessi fittiani a Montecitorio, dopo lo strappo al Senato. I nomi? Ci sono i soliti noti: da Capezzone a Bianconi, passando per il lucano Latronico, l’ex Fdi-An Corsaro, l’umbro Laffranco, pugliesi come il segretario d’aula Fi Rocco Palese, il braccio destro Nuccio Altieri, Antonio Distaso, Roberto Marti, Benedetto Fucci e Nicola Ciracì. Ma ci sarebbero anche la campana Giuseppina Castelli, l’abruzzese Fabrizio Di Stefano. Ma non solo: «Al momento siamo 19, la prossima settimana si chiude. Ci sono due ex grillini, ma anche esponenti Ncd, Sc ed eletti all’estero», spiegano. Tra i nomi si fanno quelli di Vincenzo Piso (ora Ncd), di Pierpaolo Vargiu (Sc, appena “sacrificato” dalla presidenza della commissione Affari Sociali), ma anche dei due deputati Maie Ricardo Merlo e Mario Borghese. L’addiio dei fittiani e dei verdiniani sgretolerà ancora di più i gruppi parlamentari di Forza Italia. Per una diaspora ormai continua, in un partito crollato ai minimi termini di consenso. Ormai con il rischio di subalternità alla Lega di Salvini e in piena crisi d’identità, al di là dei progetti berlusconiani per lanciare il contenitore di “Altra Italia“.  

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