La Cina non ha bisogno delle arance di Di Maio

06/11/2018 di Redazione

Per quale oscuro motivo la Cina dovrebbe avere bisogno delle arance italiane? Eppure, il fulcro della missione di Luigi Di Maio a Shangai – oltre ad aver contribuito a scrivere una delle pagine più belle delle gaffe dei politici – sembra ruotare intorno all’export dell’agrume. Il ministro dello Sviluppo Economico ha affermato che, grazie al suo intervento, ora le arance italiane – in modo particolare quelle siciliane – possono essere esportate anche per via aerea, mentre prima ciò poteva avvenire solo via nave.

Arance Di Maio, l’export verso la Cina

Questo elemento è stato salutato con grande soddisfazione dal leader del Movimento 5 Stelle che, evidentemente in buona fede, pensava di aver ottenuto un risultato prestigioso per il commercio italiano. Peccato, però, che l’accordo fosse stato raggiunto già dalla regione Sicilia a gennaio: l’intervento di Di Maio, insomma, non ha modificato o migliorato alcunché.

Eppure, secondo il vicepremier, tutto questo rappresenta un dato importante per l’appeal dei prodotti made in Italy esportati all’estero. Ora, dal momento che la vendita delle arance è difficoltosa anche sui nostri mercati, non sembra un’ottima idea quella di esportare grandi quantità di prodotto all’estero, men che meno in Cina. Dopo un viaggio che, nonostante ora possa avvenire anche per via aerea, continua a essere molto rischioso e molto costoso.

Ma c’è anche un’altra motivazione per cui esportare arance in Cina non dovrebbe essere un buon affare. Il Paese, infatti, è uno dei territori all’interno dei quali la coltivazione di arance e agrumi è iniziata millenni fa. Anzi, potrebbe quasi essere considerato il luogo d’origine del frutto. Negli ultimi anni, la Cina – che nel 2007 aveva anche superato il Brasile, primo produttore al mondo, nell’immissione sul mercato di arance – si è anche specializzata nella coltivazione di diverse varietà di arance. Tra queste anche le Tarocco rosse siciliane: un volume di affari che, in Cina, ha toccato i  24 milioni di euro.

Arance Di Maio, siamo sicuri che la vera gaffe sia stata chiamare ‘Ping’ il presidente della Cina?

Attenzione: si tratta di arance prodotte in Cina, non di arance che arrivano dalla Sicilia. E allora, anche volendo credere alla storia del made in Italy, perché dovrebbe essere conveniente per i mercati cinesi acquistare la stessa varietà di arance (quella siciliana, appunto) attraverso i sovrapprezzi dell’export se una buona base è già presente (a costi decisamente inferiori) in loco? Chissà cosa ne pensa Ping.

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