Le tante storie dall’Aquarius. La cagnolina Bella che ha accompagnato la famiglia di Malak
01/10/2018 di Redazione
Con lo sbarco dei migranti dall’Aquarius a Malta è sceso anche un cane. A rivelarlo è stato il premier maltese che, con un tweet, ha salutato la cagnolina Bella, che fa parte della famiglia di Malak.
Rescued in the #Mediterranean pic.twitter.com/so3SJVDM6U
— Joseph Muscat (@JosephMuscat_JM) 30 settembre 2018
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Malak è una donna libica di 44 anni. ha viaggiato con la sua cagnolina, cinque figli e un fratello. Qualche giorno fa il quotidiano francese Le Monde ha raccontato la particolare storia di questa donna e la sua famiglia, costretta a lasciare il Paese (anche se benestante) dopo il rapimento del marito a Tripoli.
#Malta continues to do it's part. 58 migrants taken to safety and land in #Valletta after #Acquarius rescue on high seas. #Bella first migrant dog to be rescued also aboard @Armed_Forces_MT vessel pic.twitter.com/xSGLuhNB3X
— Karl Stagno-Navarra (@ksnavarra) 30 settembre 2018
Sull’Aquarius oltre alla famiglia di Malak c’era anche quella di Ibtissem, libica quarantenne che ha iniziato la traversata con suo marito, due figli di 18 e 20 anni e quattro scatole di sigarette. «Alcune barche partono con 100 o 150 persone a bordo. Abbiamo messo più soldi per avere qualcosa di più sicuro», ha spiegato la donna all’inviato de Le Monde. Secondo Ibtissem per 375 euro in dinari libici la guardia costiera libica può chiudere gli occhi su una partenza. Modella per un’azienda italiana, disegnava costumi da bagno e lingerie. Ha viaggiato in tutto il mondo e parte della sua famiglia si è stabilita in Francia. Suo marito lavorava come concessionario d’auto. Dopo la caduta di Gheddafi nel 2011 per la famiglia sono aumentate le difficoltà economiche. Si sono spostati da Tripoli a Zaouia, a 50 chilometri ad ovest. «Siamo riusciti a fare avanti e indietro», ha detto. Fino a un giorno. Due mesi fa uno dei due figli, Abdul, è stato rapito da alcuni uomini armati di kalashnikov. Per riscattarlo Ibtissem e suo marito dovevano pagare l’equivalente di 8.750 euro. Senza denaro disponibile in banca hanno venduto le loro due auto. Il figlio, durante la prigionia, fu picchiato. Quando fu liberato dovette trascorrere due giorni in ospedale. Un episodio che ha segnato per sempre la famiglia. «In Libia – ha spiegato a Le Monde Ibtissem – siamo morti che respirano. Dovevamo partire, non c’era altra soluzione».
(foto Twitter @JosephMuscat_JM)