Il lato oscuro dell’app di messaggistica anonima che spopola su Instagram
Il successo dell'applicazione mobile, sia per iOS che per Android, sta facendo emergere anche alcune problematiche relative proprio al vasto utilizzo
06/07/2022 di Enzo Boldi
Non è la prima e non sarà l’ultima. La storia di Internet, infatti, è ricca di applicazioni o piattaforme che si basano su un principio ben definito che sembra essere molto amato dagli utenti: inviare messaggi rimanendo completamente in forma anonima. Insomma, parlare o scrivere qualcosa a qualcuno senza che il destinatario sia in grado di risalire all’identità (né fisica né digitale) del mittente. E nel mese di giugno, c’è stata una grande attrazione mediatica nei confronti dell’app NGL.
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L’acronimo che compone il nome di questa applicazione sta per “Not Gonna Lie“, che tradotto in italiano significa “non mentirò”. Ed è questo il principio: rimanendo in forma anonima, una persona-utente si sente più libero nell’esprimere il suo pensiero, le sue domande e le sue risposte. Un lenzuolo dietro il quale nascondersi per evitare che la propria identità diventi di dominio pubblico. E tutto ciò si unisce alle dinamiche delle domande che possono essere poste, attraverso le Stories, su Instagram. Perché, un a volta scaricata l’app NGL, basterà impostare il proprio profilo e collegarlo (basta creare un link ad hoc sull’applicazione) al proprio account Instagram. In che modo? Ce lo spiega la stessa pagina dell’app sugli store per iOS e Android.
La linea di principio, dunque, è la stessa della piattaforma Tellonym, su cui Giornalettismo – lo scorso anno – realizzò due approfondimenti, andando ad analizzare le possibilità concesse dal sito e anche tutti i lati oscuri che derivano (o possono derivare) da questa dinamica di invio di messaggi in forma anonima.
NGL, l’app che permette di inviare messaggi anonimi su Instagram
E l’azienda che cura e sviluppa NGL, sostiene – come si può leggere sul sito ufficiale – di essere molto attenta alle possibili derive dialettiche che possono palesarsi con l’utilizzo di questa applicazione. In particolare, il rischio di fagocitare bullismo e sessismo (ma anche omofobia e odio xenofobo o razzista) sembra essere scongiurato dall’utilizzo di «algoritmi di deep learning e di corrispondenza dei modelli di caratteri basati su regole per filtrare il linguaggio dannoso e il bullismo. Il nostro algoritmo può anche rilevare il significato semantico degli emoji e il nostro web scraper estrae esempi specifici di uso contestuale di emoji».
I lati oscuri
L’impegno, dunque, è dichiarato e si basa sull’utilizzo di algoritmi e intelligenza artificiale. Ma NBC, solo la scorsa settimana, ha testato l’applicazione e i paletti di quegli algoritmi sui filtri linguistici. Buona parte delle frasi riconducibili alla sfera semantica del bullismo sono state “bloccate” – come «sei brutto», «sei grasso», «sei un perdente» -, ma non tutte. Per esempio, termini molto in voga nel limbo della dialettica giovanile bypassano questi filtri (l’esempio citato dalla testata americana è “KYS”, ovvero “Kill your self”, “ucciditi”). Ma, oltre a questo, sembra non esserci – almeno per il momento – un percorso di sanzioni: chi prova a inviare messaggi minatori (come quelli che vengono bloccati) può comunque continuare a utilizzare l’applicazione. Insomma, si sanziona il messaggio (che dunque non viene inviato), ma non l’utente.