App Manifesto bloccata su Google: «Chiedono di dimostrare che siamo un giornale»
La brutta sorpresa alla vigilia della campagna abbonamenti
14/01/2021 di Gianmichele Laino
Essere nel bel mezzo di una crisi di governo, mentre dall’altra parte dell’oceano stanno chiedendo – per la seconda volta – l’impeachment per Donald Trump (caso unico nella storia della politica Usa). Eppure, nella redazione del Manifesto, per fare informazione, sono costretti a fare i conti con la burocrazia di Google. Paradosso nel paradosso, perché – in teoria – la via digitale dovrebbe snellire i processi. È successo, infatti, che l’app Manifesto non è al momento disponibile sul Google Play Store e – di conseguenza – presenta problemi di funzionamento sui dispositivi Android.
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App Manifesto bloccata sui dispositivi Android
«Il gigante di Mountain View – scrive Matteo Bartocci – ci chiede di dimostrare che siamo davvero una app di news, che produciamo contenuti originali, scritti da giornalisti, che abbiamo un sito web, che rispettiamo la privacy, che non facciamo refusi». Rientra, chiaramente, tutto in un processo di verifica delle singole applicazioni che rappresenta un percorso “normale” per accedere allo store di Google. Tuttavia, l’app del Manifesto – fino a questo momento – era stata “venduta” su dispositivi Android senza alcun problema. Evidentemente, c’è stato un innalzamento dei livelli di sicurezza nelle ultime ore, che hanno causato la richiesta di una doppia verifica da parte di Google.
Le richieste che sono state fatte al giornale della sinistra italiana, del resto, suonano abbastanza paradossali. Soprattutto se vengono lette alla luce di quella che è la storia e la società italiana: ma, del resto, se prepari moduli da compilare (ci verrebbe quasi da chiamarli “autocertificazioni”) e vivi dall’altra parte dell’oceano, che ne vuoi sapere di Rossana Rossanda, di Lucio Magri e di Luigi Pintor?
In ogni caso, dopo l’equivoco, il Manifesto ha cercato di risolvere il problema: ha confermato (sic) di essere un giornale, di rispettare la privacy, di fornire contenuti a pagamento, di pubblicare annunci pubblicitari, di pubblicare contenuti adatti ai minori (qui, il Manifesto – per eccesso di zelo – sostiene di essere adatto a un pubblico superiore ai 13 anni, ricevendo in risposta un bollino di contenuto non adatto alla famiglia).
Inoltre, il Manifesto resta in attesa della revisione dello IARC, un gruppo di verifica che esamina qualsiasi contenuto ambisca a entrare nel Google Play Store che spesso, anche in passato, ha posto degli ostacoli a diverse applicazioni e ne ha respinte altre. Dopo aver chiesto anche un abbonamento omaggio, inoltre, Google Play ha modificato lo status dell’app Manifesto: non è ancora disponibile, ma almeno è passata “in revisione”. Il tutto, tra l’altro, proprio nel primo giorno della campagna abbonamenti lanciata dalla testata. Una vera beffa, con in più, una netta sensazione di fastidio.