Amazon bloccherà i prodotti e le ricerche relative alla comunità LGBT negli Emirati Arabi

Il governo degli Emirati ha dato ad Amazon tempo fino a venerdì per conformarsi sotto la minaccia di sanzioni

03/07/2022 di Clarissa Cancelli

Amazon ha iniziato a bloccare prodotti e risultati di ricerca relativi alla comunità LGBT negli Emirati Arabi Uniti. Il motivo? Lì le persone LGBT sono legalmente perseguitate. L’azienda soddisferà quindi la richiesta del governo nel Paese.

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Amazon bloccherà i prodotti e le ricerche relative alla comunità LGBT

«Come viene mostrato dai documenti, il governo degli Emirati ha dato ad Amazon tempo fino a venerdì per conformarsi sotto la minaccia di sanzioni. Non è ancora chiaro quali sarebbero state quelle sanzioni», si legge nell’articolo del New York Times. Secondo il Dipartimento di Stato, l’omosessualità è, infatti, criminalizzata negli Emirati e punibile con multe e reclusione. Il “Restricted Products team” ha rimosso le singole schede dei prodotti e le ricerche di termini come “lgbtq”, “Pride”, “closeted gay”, “transgender flag”, “queer brooch” e “chest binder for lesbians” ora non danno alcun risultato negli Emirati Arabi Uniti. «Come azienda, rimaniamo impegnati per la diversità, l’equità e l’inclusione e crediamo che i diritti delle persone LGBTQ+ debbano essere protetti», ha affermato Amazon in una dichiarazione fornita ad Ars. «Con i negozi Amazon in tutto il mondo, dobbiamo anche rispettare le leggi e i regolamenti locali dei paesi in cui operiamo». Netflix ha ritirato programmi in Arabia Saudita e censurato scene in Vietnam, Apple ha archiviato i dati dei clienti su server cinesi nonostante i problemi di privacy e l’anno scorso Google ha rimosso un’app per un leader dell’opposizione russa dopo aver affrontato una minaccia di perseguimento penale. Ma le Big Tech non professavano la libertà di manifestare il proprio pensiero?

Ma le Big Tech non assicuravano libertà di espressione?

Una domanda lecita anche per ciò che ha riguardato Meta recentemente: l’azienda non permetterà ai suoi dipendenti di discutere apertamente di aborto sul posto di lavoro.«Discutere apertamente di aborto sul posto di lavoro ha un rischio maggiore di creare un ambiente di lavoro ostile» per questo è stato stabilito di «non permettere una discussione aperta». Dunque, parlare della decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha praticamente ribaltato la “Roe v. Wade”, la storica sentenza del 1973, da sempre considerata una pietra miliare nella giurisprudenza statunitense sull’aborto, potrebbe creare un clima teso tra i colleghi. La nuova politica aziendale ha fatto molto discutere. Alcuni hanno contattato colleghi e dirigenti per esprimere il loro dissenso sulla posizione dell’azienda. Ai manager è stato consigliato di essere empatici ma neutrali sull’argomento, mentre i messaggi che violavano la nuova politica nelle chat del team sono stati rimossi. Ambroos Vaes, un ingegnere del software Meta, ha dichiarato in un post su LinkedIn di essere rattristato dal fatto che ai dipendenti “non fosse permesso” di discutere ampiamente la sentenza della Corte Suprema. Una policy che potrebbe sembrare decisamente strana per un’azienda che possiede i social più utilizzati al mondo, dove le persone possono esprimersi liberamente, condividere informazioni, passioni e opinioni. Inoltre, negli ultimi giorni i contenuti relativi all’aborto su Instagram e su Facebook appaiono limitati. La ricerca di parole chiave come “pillole abortive” e “mifepristone” (il nome di un noto farmaco per abortire) non danno risultati. Cercando hashtag relativi viene visualizzato il messaggio relativo ai contenuti «nascosti perché alcuni post potrebbero non seguire le linee guida della comunità di Instagram». Non viene specificato in alcun modo quali sarebbero le linee guida. Cercare contenuti di questo tipo ora, con queste limitazioni agli hashtag, significa imbattersi in post vecchi e popolari che comprendono anche quelli degli anti abortisti. Resta da chiedersi dov’è tutta questa tutela dei diritti che le Big Tech si vantano di garantire ai loro utenti.

 

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