Per sostenere le proteste, gli hacker hanno violato l’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran

Si tratta di un gesto dimostrativo, con circolazione dei dati in rete, rivendicato dal gruppo Black Reward

24/10/2022 di Redazione

Continua il crossover tra le proteste di piazza in Iran, la ripetuta violazione dei diritti umani portata avanti da un governo che sta cercando di reprimere nella violenza i dissidenti, eliminando anche qualsiasi informazione oggettiva in proposito, e gli attacchi informatici da parte di hacktivisti che vogliono appoggiare, in questo modo, la rivendicazione delle donne iraniane e di tutti coloro i quali, nello stato di Teheran, subiscono costantemente restrizioni dei diritti civili. Il gruppo di hacker Black Reward ha rivendicato la violazione di uno dei server mail dell’agenzia atomica dell’Iran, con una grande quantità di dati che sono stati pubblicati in rete. La violazione è stata confermata anche dalla stessa organizzazione per l’energia atomica.

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Agenzia atomica Iran hackerata per protestare contro le violazioni dei diritti umani

Twitter è stato il mezzo con cui Black Reward ha divulgato gli effetti della sua azione: una grande quantità di dati sensibili è stata pubblicata in rete. Il tutto, ovviamente, è stato fatto nel nome di Mahsa Amini – la prima ragazza morta in seguito a un arresto per non aver indossato correttamente il velo – e a supporto delle grandi ondate di proteste che stanno attraversando fisicamente il Paese.

I dati pubblicati sarebbero relativi alla centrale di Bushehr: non soltanto piani operativi e workflow della centrale, ma anche documenti personali di operatori iraniani e russi che lavorano al suo interno. Inoltre, i documenti messi in rete avrebbero a che fare anche con accordi energetici che sono stati presi con partner nazionali e internazionali. Non è la prima volta che un’azione informatica si ricollega a gesti di protesta per tutelare i diritti civili in Iran: nelle scorse settimane, Anonymous aveva rivendicato la violazione di alcuni media governativi, mentre qualche giorno fa – durante l’intervento in televisione di Khamenei – la trasmissione della televisione pubblica iraniana era stata brutalmente interrotta da una schermata con un messaggio e con le foto delle donne morte dopo Mahsa Amini.

«L’accesso non autorizzato al sistema di posta elettronica dell’azienda da parte di una fonte proveniente da uno specifico Paese straniero – hanno spiegato le autorità iraniane – ha portato alla pubblicazione del contenuto di alcuni messaggi sui social network che non sono altro che normali scambi di comunicazione tra le parti coinvolte. L’obiettivo è stato solo quello di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica». Insomma, le autorità iraniane – almeno nelle loro versioni ufficiali – minimizzano l’accaduto.

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