Africa e locuste: la catastrofe che nessuno vede

Mentre il mondo rimane con il fiato sospeso per gli sviluppi dell’epidemia da nuovo Coronavirus, l’Africa è scossa da un’emergenza epocale che trova poco spazio nei nostri media. Il Corno d’Africa è infatti letteralmente devastato da un’invasione di locuste che va avanti da settimane e che mette seriamente a rischio i raccolti e un’economia già balbettante. Parliamo di un’invasione che varia dai 100 ai 200 miliardi di esemplari di Schistocerca gregaria, chiamata anche “locusta del deserto”, un insetto appartenente alla specie degli Ortotteri, molto diffusi in Asia e in Africa. Un fenomeno dalle dimensioni quasi bibliche che sta flagellando pesantemente l’economia di nazioni come Kenya, Etiopia e Somalia e che si sta spostando pericolosamente verso altre aree del continente africano come Sud Sudan e Burundi. Già, perché questa invasione di insetti hanno la facoltà di divorare tutto quello che trovano davanti e nella fattispecie colture e terreni atti alla pastorizia mettendo in ginocchio un’area già duramente colpita dalla siccità e frequenti fenomeni alluvionali. La cattiva notizia inoltre, secondo la FAO, è che questi insetti si stiano riproducendo a ritmi esponenziali (“Al di sopra della norma”) caratteristica che potrebbe rendere la loro diffusione ancora più difficile da gestire.

E il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto con una carestia che potrebbe interessare svariati milioni di persone. La Fao ha chiesto 76 milioni di dollari dai paesi membri per combattere la piaga, ottenendo però appena un terzo di quanto dichiarato necessario. Un monito lanciato dall’Organizzazione già nello scorso 20 gennaio, quando il direttore generale Qu Dongyu dichiarò di fronte a un mondo già in allerta per le notizie provenienti dalla Cina: «Le autorità della regione sono impegnate nelle attività di controllo, ma la dimensione e l’urgenza della minaccia richiedono il sostegno internazionale», aggiungendo «le comunità dell’Africa orientale, una volta finita la minaccia delle cavallette, dovranno riprendersi dalle lunghe siccità che hanno minato la loro capacità di produrre cibo».

Che c’entra il riscaldamento globale?

Come riportato da National Geographic   il riscaldamento globale potrebbe essere il grande indiziato che ha dato il via a un fenomeno potenzialmente devastante. Questa tipologia di insetti, nonostante il loro nome, prosperano in periodi di umidità e piogge torrenziali che hanno innescato la grande crescita di vegetazione negli habitat aridi di Africa e Medio Oriente. Secondo gli esperti la causa responsabile del fenomeno sarebbe proprio il periodo di eccezionale umidità che ha colpito Africa e Medio Oriente negli ultimi 18 mesi. La recente instabilità climatica invece, potrebbe essere correlata al cosiddetto “Nino Indiano”, un irregolare oscillazione della temperatura superficiale dell’Oceano Indiano che secondo molti climatologi è correlato anche con l’ondata record di incendi che hanno devastato l’Australia. Quel che è certo è che, se non si corre ai ripari il più velocemente possibile, anche il “prezzo” di questi fenomeni potrebbero essere drammatico e globale, molto prima di quanto si immagini.

 

 

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