L’accordo Italia-Libia finisce nel mirino della Corte europea dei diritti dell’uomo
08/05/2018 di Redazione
Una causa mossa davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha riportato l’accordo tra Italia e Libia al centro della bufera. Lo rivela il Guardian.
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L’accusa è di violare apertamente i diritti dei migranti, costretti a misure di schiavitù e tortura, che tentano di raggiungere la penisola dalle coste della Tripolitania.
L’intesa tra Roma e Tripoli prevede una stretta collaborazione tra le autorità italiane e la guardia costiera libica. Nel 2017 la stima dei respingimenti ha toccato quota 20.000.
Il processo si basa su un caso specifico, risale al 6 novembre 2017 ed è basata sulla testimonianza di 17 sopravvissuti al naufragio di un’imbarcazione. L’Ong che si stava occupando delle manovre di salvataggio fu “apertamente” ostacolata dalla guardia costiera di Tripoli. Dei 130 migranti a bordo, venti persone morirono, mentre i restanti furono riportati in Libia, paese che non rispetta il protocollo internazionale per la salvaguardia dei diritti umani.
Una sentenza che vada contro l’accordo Italia-Libia potrebbe rappresentare uno squarcio di cambiamento, hanno riferito diverse Ong che operano nel settore.
Intanto, le testimonianze che arrivano al di là del Mediterraneo non sono affatto confortanti. “Ho lasciato la Sierra Leone per mio figlio e adesso è bloccato in Libia – ha dichiarato Chica Kamara, separato dal suo bambino di 10 anni nelle operazioni di trasbordo tra un cargo commerciale e un’imbarcazione delle autorità libiche – fino a due settimane ho avuto notizie da lui ma da allora non so più niente“.
“La Libia è il posto peggiore al mondo – ha invece commentato Ibrahim Diallo, 20 anni che oggi si trova a Catania – ci sono città come Sabha o Zawiyah che sono pensate per gli schiavi. Ci sono prigioni e campi di detenzione uno dopo l’altro. Preferirei morire che tornare in Libia“.
(Foto credits: Ansa)