Quel 4 maggio nei Promessi Sposi così simile al ‘nostro’

27/04/2020 di Enzo Boldi

Non si tratta, ovviamente, di una previsione o un vaticinio ma solamente di una curiosa contingenza temporale. In molti hanno rivisto ne I Promessi Sposi una sorta di prequel di quel che sta avvenendo in Italia (e nel mondo) a causa della pandemia da Coronavirus. All’epoca era la peste a seminare morti e dolore, ora è il Sars-CoV2 ad aver cambiato tutte le nostre abitudini di vita. E quel 4 maggio nei Promessi Sposi sembra ricalcare tanto da vicino quel che avverrà – seppur gradualmente – anche in Italia nel 2020, 320 anni dopo.

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Il capitolo XXXII de I Promessi Sposi parla di quel che accadde il 4 maggio del 1630. Le misure prese per ostacolare la diffusione della peste, erano ancora attive e i contagi sembravano esser ancora lontani dall’essere superati a Milano.

«Divenendo sempre più difficile il supplire all’esigenze dolorose della circostanza, era stato, il 4 di maggio, deciso nel consiglio de’ decurioni, di ricorrer per aiuto al governatore. E, il 22, furono spediti al campo due di quel corpo, che gli rappresentassero i guai e le strettezze della città: le spese enormi, le casse vote, le rendite degli anni avvenire impegnate, le imposte correnti non pagate, per la miseria generale, prodotta da tante cause, e dal guasto militare in ispecie; gli mettessero in considerazione che, per leggi e consuetudini non interrotte, e per decreto speciale di Carlo V, le spese della peste dovevan essere a carico del fisco: in quella del 1576 avere il governatore, marchese d’Ayamonte, non solo sospese tutte le imposizioni camerali, ma data alla città una sovvenzione di quaranta mila scudi della stessa Camera».

Il 4 maggio nei Promessi Sposi

Le richieste della popolazione, le misure che stentavano ad arrivare. Poi il tema delle mascherine. Nel frattempo era stata avviata anche la caccia agli untori.

«Che l’imposizioni fossero sospese, come s’era fatto allora; la Camera desse danari; il governatore informasse il re, delle miserie della città e della provincia; dispensasse da nuovi alloggiamenti militari il paese già rovinato dai passati. Il governatore scrisse in risposta condoglianze, e nuove esortazioni: dispiacergli di non poter trovarsi nella città, per impiegare ogni sua cura in sollievo di quella; masperare che a tutto avrebbe supplito lo zelo di que’ signori: questo essere il tempo di spendere senza risparmio, d’ingegnarsi in ogni maniera».

Nello stesso capitolo in cui si racconta del 4 maggio nei Promessi Sposi, Manzoni racconta anche di una grande processione dell’11 giugno con le spoglie di San Carlo. Un tentativo di debellare la peste attraverso il santo protettore di Milano.

(foto di copertina: capitolo XXXII de I Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni)

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