Cosa ha detto davvero il Washington Post su Jacobs

Le parole del quotidiano statunitense sull'homo novus della velocità mondiale

02/08/2021 di Gianmichele Laino

La narrazione italiana, affamata di successi dopo questa estate magica del 2021 (almeno dal punto di vista sportivo), si sta spingendo un po’ troppo oltre nell’individuare – nelle narrazioni altrui – elementi di contrasto, che si tende subito a estremizzare. Così, oggi, viene riportato un articolo del Washington Post su Jacobs che, stando a quanto riportato dai giornali italiani, avanzerebbe dei sospetti di doping sulla medaglia d’oro olimpica di Tokyo 2020. È davvero così? Assolutamente no. Il Washington Post parla di Jacobs come di un «Obscure Italian from Texas», dove obscure non significa “oscuro” (con tanto di traduzione maccheronica), ma semplicemente sconosciuto. Di fatto, prima di questa olimpiade – almeno come velocista – Marcel Jacobs era un homo novus e soltanto gli addetti ai lavori avevano documentato i suoi incredibili progressi nei 100 metri nell’ultimo anno.

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Washington Post su Jacobs, cosa dice veramente il pezzo del quotidiano USA

Il quotidiano di Washington fa una cosa semplicissima: riporta i dati. Sottolinea come prima del 2021 Jacobs abbia corso i 100 metri al massimo in 10”01, una soglia che non gli avrebbe garantito nemmeno l’accesso in finale. Il muro dei 10 secondi è stato abbattuto soltanto negli ultimi mesi, in un grande crescendo rossiniano, che lo ha portato a migliorarsi per ben tre volte consecutive sulla pista olimpica di Tokyo 2020, fino al 9”80 che ha sancito la sua medaglia d’oro. Per questo il Washingto Post ha affermato:

«Non è colpa di Jacobs se la storia dell’atletica leggera fa sospettare di un miglioramento improvviso e immenso – si legge, scagionando assolutamente Jacobs -. Gli annali di questo sport sono disseminati di campioni pop-up che, in seguito, si sono rivelati essere collegati al doping. Sarebbe ingiusto accusare Jacobs. Sarebbe incompleto non riconoscere il contesto della sua realizzazione. Jacobs merita il beneficio del dubbio, ma il suo sport no».

Non si tratta di un attacco personale a Jacobs, ma di un dubbio – frutto del passato e del presente dell’atletica – che riguarda l’intero movimento sportivo della pista. Del resto, lo stesso statunitense Coleman non era presente a Tokyo 2020 perché sospeso dopo aver saltato tre controlli antidoping. Ma da qui a dire che il Washington Post abbia gettato ombre di doping su Marcell Jacobs ce ne vuole.

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