Il pessimo gusto di Vittorio Feltri su Calabresi: «Ora è orfano due volte»
05/02/2019 di Gianmichele Laino
Mario Calabresi ha annunciato il suo addio alla direzione di Repubblica. Lo ha fatto praticamente a sorpresa, attraverso un tweet. L’avvicendamento ai vertici di uno dei giornali più letti e più influenti d’Italia ha scatenato – come era logico aspettarsi – un vero e proprio dibattito sui social network. Mario Calabresi, infatti, è molto noto nel mondo del giornalismo: già direttore de La Stampa, tre anni fa aveva fatto il salto a Repubblica. Adesso, nel 2019, ha abbandonato la guida del quotidiano di via Cristoforo Colombo. Tra i tanti che hanno avuto modo di commentare la notizia, c’è anche Vittorio Feltri.
Vittorio Feltri e il pessimo gusto sull’addio di Calabresi
Quest’ultimo parla da collega, dal momento che è condirettore di Libero. Ma la sua affermazione sulla questione è davvero di dubbio gusto. In un tweet ha voluto rispondere all’annuncio fatto da Mario Calabresi e ha citato, in maniera davvero al limite, la tragica vicenda personale del giornalista, che ha perso il padre – il commissario Luigi Calabresi – in un attentato nel 1972, i cui esecutori e mandanti vennero individuati negli esponenti di Lotta Continua Ovidio Bompressi, Leonardo Marino, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri.
«Orfano due volte», il riferimento alla morte del commissario Calabresi
All’epoca dei fatti, Mario Calabresi aveva soltanto due anni. «Quando un direttore viene licenziato – ha scritto Vittorio Feltri – la colpa non è mai sua bensì dell’editore che ha sbagliato ad assumerlo oppure ha sbagliato a cacciarlo. Ora Calabresi è orfano due volte»
Quando un direttore viene licenziato la colpa non è mai sua bensì dell’editore che ha sbagliato ad assumerlo oppure ha sbagliato a cacciarlo. Ora Calabresi è orfano due volte.
— Vittorio Feltri (@vfeltri) 5 febbraio 2019
Feltri ha voluto, con ogni probabilità, difendere Mario Calabresi e sottolineare come il suo addio all’improvviso non sia stato dovuto a una sua responsabilità. Ma l’immagine dell’orfano utilizzata non è certo la migliore per difendere l’operato dell’ormai ex direttore di Repubblica.