Vissi d’arte, vissi d’amore

Guardo il concerto di Capodanno dal teatro la Fenice, dove almeno, rispetto a quando c’era solo quello di Vienna, fanno delle musiche che conoscono e che non mi ricordano quando gli austriaci occupavano la mia terra. Anche se sono passati più di 150 anni, da lombardo mi girano ancora le scatole quando sento la marcia di Radetzki (l’armistizio di Villafranca non è così lontano come sembra). Guardo la Fenice risorta dalle sue ceneri come previsto dal nome e penso al discorso di ieri sera di King George. Ci ha detto che noi italiani abbiamo avuto un anno schifoso. Ma dai, davvero? All’inizio, quando parlava delle lettere inviategli dagli italiani, era bello pimpante, si vedeva che ci credeva. Non ha avuto cuore di chiederci altri sacrifici, sa che siamo allo stremo delle forze oppure sa che tanto, che lui ce lo dica o meno, i sacrifici ci vengono richiesti lo stesso, ultimamente fin troppo (per esempio, tanto per gradire, dal primo gennaio sono aumentati i pedaggi autostradali). Poi, quando è passato alla solita sifolata sulle riforme urgenti e sulla legge elettorale si è un po’ spento, sapeva che tanto quello che lui dice scivola via come lo champagne nei calici dei politici sazi come tacchini ripieni, che non hanno altra urgenza oltre a quella dello stipendio e del conseguente vitalizio.

ESODATI PRIMA DI ESSERE IMPIEGATI – Ma ecco il Va pensiero, quello che i leghisti hanno cercato di rubare al mio popolo spacciandolo per loro inno. Tu componi una canzone sul desiderio di libertà e un manipolo di omini verdi venuti da Marte se ne appropria. Verdi, malgrado il colore, non avrebbe gradito. Il pensiero va al discorso di Giorgio, forse uno dei meno narcotici mai pronunciati da un Capo dello Stato, Pertini escluso. Ha parlato dei giovani, com’è un po’ di moda fare adesso. Ha parlato di alcuni italiani, chiamandoli con il nome di battesimo. Si chiama attenzione alla persona, è una cosa che i politici si erano dimenticati da tempo. Gliel’ha ricordata Papa Francesco, uno che buca lo schermo. Alla Fenice c’erano un tenore e un soprano giovani. Due che hanno trovato lavoro. Tanti altri giovani (il concetto di giovane da un po’ di tempo è un po’ aeriforme, quindi decidete voi da che età non lo si è più) invece il lavoro non ce l’hanno per niente e molti di loro, soprattutto i giovani di pelo meno fresco, c’è caso che non lo trovino mai. Molti saranno esodati prima di essere impiegati. Moltissimi dovranno cominciare a ragionare in modo diverso da quello della ricerca del posto fisso. Posti fissi ce ne sono pochi, molti dei quali sono già occupati. Il resto è tutto da vedere, forse sarebbe meglio dire da inventare.

VISSI D’ARIA – Re Giorgio ha avuto il buon gusto di non prenderci per il birubiru dicendoci che si vedono i primi segnali di ripresa e non ha detto (forse non ha potuto) dire ai giovani che, pure se i segnali di ripresa ci fossero, si devono aspettare che il mondo del lavoro ne uscirà devastato come dopo uno tsunami. Probabilmente i segnali di ripresa ci sono e li hanno visti gli astrofisici nelle macchie solari, ma un po’ bisogna crederci, altrimenti come facciamo ad andare avanti? Giorgio dice che dobbiamo avere coraggio. Sì, bello, però, come diceva Don Abbondio, se il coraggio uno non ce l’ha non se lo può inventare, e noi poveracci siamo circondati dai Bravi che ci continuano a minacciare e a mungere. Insomma, vista la situazione, ai giovani, e anche agli altri, come dicevano i due giovani cantanti lirici sul palco conviene mettersi a vivere d’arte e d’amore, come nella celebre aria della Tosca di Puccini. Anzi, meglio se si mettono a vivere d’aria, viste le prospettive e la propositività delle istituzioni.

L’ITALIA CREDE IN ME? – La cosa più interessante che ha detto Giorgio è stata la citazione della frase di una ragazza che in una lettera ha scritto al presidente che lei crede nell’Italia, ma si chiede se l’Italia creda in lei. Ecco, questo è il punto, questa è la domanda che la nuova generazione (e a dire il vero pure la vecchia) si fa. Comunque il proposito migliore e il più saggio consiglio per l’Anno Nuovo l’ho letto un minuto fa sullo scartoccio della pizza che sto mangiando. C’è scritto “un passo dopo l’altro verso il futuro”. I cinesi hanno i biscotti della fortuna, noi italiani lo scartoccio della pizza. Oltre ad arte, amore e aria, all’italiano abbisogna vivere di pizza.

(credits immagine: Â© Kathleen Purvis/TNS via ZUMA Wire)

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