I venditori di armi da fuoco utilizzano Google per inserire i loro annunci

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Google si è sempre vantato di non accettare pubblicità di armi, ma ci sono delle scappatoie per riuscire a farlo

Un’analisi di ProPublica ha rilevato che 15 dei maggiori venditori di armi da fuoco negli Stati Uniti, tra i quali Daniel Defense, la società che ha prodotto l’AR-15 usato dal giovane  autore della strage in Texas, hanno utilizzato i sistemi di Google per inserire i loro annunci.



Gli annunci di armi su Google

Per circa due decenni, Google si è vantato di non accettare pubblicità di armi, un riflesso dei suoi valori e della sua cultura. Ma un’analisi di ProPublica  ha mostrato che prima e dopo le sparatorie di massa avvenute a maggio in un negozio di alimentari a New York e in una scuola elementare del Texas, milioni di annunci di alcuni dei più grandi produttori di armi da fuoco della nazione sono finiti nei sistemi pubblicitari di Google e su siti web e app, in alcuni casi all’insaputa dei proprietari e in violazione delle loro policies. Alcuni degli annunci probabilmente hanno violato le regole di Google, ma la stragrande maggioranza è stata inserita grazie a delle scappatoie. Utilizzando queste “vie di fuga”, le società affermavano pubblicamente di avere una politica no-gun, facilitando il posizionamento di più di 100 milioni di annunci di armi ogni anno. «Non consentiamo a Google Ads di funzionare con i contenuti di armi da fuoco, né consentiamo Google Ads che promuovono armi», ha affermato il portavoce di Google Michael Aciman. «Sebbene offriamo agli editori strumenti per decidere se vogliono accettare annunci di terze parti per armi, non impediamo ai siti di pubblicare questo tipo di annunci se scelgono di farlo. Come sempre, lavoriamo diligentemente per fornire agli utenti una esperienza sicura e ci assicuriamo che gli annunci siano conformi a tutte le norme applicabili». Sembrerebbe dunque che Google, anziché bloccare gli annunci di armi per impostazione predefinita, richieda agli editori di rinunciare alla ricezione di tali annunci.

La violenza attraverso le piattaforme e non solo

La questione è molto delicata, soprattutto per un Paese come gli Stati Uniti, troppo spesso teatro di sparatorie e stragi di massa. Strategie, falle e scappatoie dovrebbero essere off-limits per i siti, ma anche per i social e le piattaforme online. Un caso di questo tipo è quello che ha visto protagonista 4chan. Su questo sito web fondato da Christopher Poole e lanciato nel 2003 per discutere di anime, era molto attivo Payton Gerdon, il ragazzo di 18 anni che, armato con un AR-15, ha ucciso dieci persone in un supermarket, filmando l’attacco in live streaming. Secondo quanto riporta la polizia è su 4chan che il sospetto si sarebbe radicalizzato, come scritto nelle 180 pagine di manifesto che ha postato online in cui espone la teoria razzista della “grande sostituzione”. Non solo. L’Agenzia anti-terrorismo dell’Unione europea in un documento, pubblicato lo scorso 2 giugno, visionato da EuObserve, ha dichiarato che il Metaverso, la nuova piattaforma virtuale di Facebook, potrebbe essere usata dalle organizzazioni terroristiche come l’Isis. «La creazione di un califfato virtuale o di un campo di addestramento dell’Isis è uno dei rischi legati a questo nuovo mondo», è quanto si legge nel testo. Il Metaverso di Facebook potrebbe essere usato dunque per pianificare attacchi terroristici, come quello al Bataclan del 2015. L’Europol (l’ufficio europeo di polizia) è già al lavoro per contrastare e reprimere questi potenziali crimini.