La sanzione epocale a Uber per discriminazione nei confronti di una donna non vedente

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L'azienda dovrà pagare 1,1 milione di dollari a causa del comportamento lesivo di 14 conducenti

Quattordici brutte storie di discriminazione, tutte nei confronti di un’unica donna con disabilità. A pagare per il comportamento scorretto, per usare un eufemismo, dei propri “dipendenti” sarà Uber, la nota azienda statunitense il cui core business è rappresentato da quel servizio, gestito tramite un’app, di trasporto alternativo ai taxi e al servizio pubblico. La vittima di queste discriminazioni si chiama Lisa Irving, donna non vedente che vive nella San Francisco Bay Area, proprio nella città in cui ha sede la società che ora sarà costretta a versare sul suo conto ben 1,1 milioni di dollari, come deciso da un giudice.



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Questa brutta storia è partita, a livello processuale, nel 2018 quando Lisa Irving – dopo l’ennesimo sopruso discriminatorio ricevuto dagli autisti affiliati a Uber – decise di presentare la sua denuncia. Fatti gravi che non si fermano alla mera discriminazione a causa del suo handicap: la donna ha denunciato anche violenze fisiche e verbali. In ben ∫, infatti, gli autisti si sono rifiutati – nonostante l’avvenuta e c confermata prenotazione tramite app – di farla salire a bordo. Per quale motivo? Perché con lei, visto il suo status di non vedente, doveva viaggiare anche il suo cane guida. La donna ha raccontato ai giudici di esser stata anche colpita da alcuni di questi conducenti al culmine delle discussioni.



Uber dovrà pagare 1,1 milioni di dollari per discriminazione nei confronti di una non vedente

E non finisce qui. Come riporta il quotidiano britannico TheGuardian, la serie ripetuta di rifiuti da parte dei dipendenti Uber ha provocato anche un ritardo al lavoro e, di conseguenza, l’azienda l’ha anche licenziata. Insomma, una storia dai contorni molto ben marcati che ha portato il giudice che si occupava di questo arbitrato a prendere la decisione di comminare una sanzione da 1,1 milioni di dollari che il colosso di San Francisco dovrà versare sul conto di Lisa Irving.

L’azienda, nel corso del procedimento, si era difesa sottolineando come non potesse essere responsabile del comportamento dei propri autisti. I regolamenti interni, infatti, sottolineano come le persone non vedenti possano utilizzare il loro servizio di trasporto anche in compagnia del proprio cane guida, come specificato anche dal Americans with Disabilities Act in vigore dal 1990. Ma è proprio questa la violazione contestata a Uber che ha una responsabilità oggettiva sul comportamento dei propri dipendenti: se uno dei loro autisti si macchia di discriminazione, a pagare è (anche) l’azienda. E tutto ciò con Lisa Irving è avvenuto per ben 14 volte.