In piena transizione digitale, quanta consapevolezza ha il cittadino dell’UE?

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La transizione digitale dell'Europa è in atto ma, senza un livello di consapevolezza del cittadino che va di pari passo, non andiamo da nessuna parte

Il clima che si respira presso il Berlaymont Building di Bruxelles, sede della Commissione europea – che si occupa di promuovere il processo legislativo -, è indicativo del mondo attuale: le domande alla conferenza stampa di mezzogiorno che si tiene quotidianamente nella giornata di venerdì 6 maggio (appena prima dell’EU Open Day 2022) riguardano tutte il conflitto tra Ucraina e Europa. Presso questa sede opera DG CNECT, Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie: si tratta di un servizio della Commissione responsabile delle politiche UE quando si parla di mercato unico digitale, sicurezza di Internet e scienza e innovazione digitale. Considerate le sfide attuali e quelle del futuro, la regolamentazione della rete e delle Big Tech sono un punto fondamentale da affrontare nella transizione digitale che stiamo affrontando come Europa e che vedrà l’Unione lavorare nei prossimi anni.



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La transizione digitale dell’Europa da qui al prossimo decennio

In qualità di Digital EU Ambassadors abbiamo avuto modo di entrare in contatto con il lavoro che DG CNECT sta facendo con l’Europe Digital Decade. L’Unione ha una serie di ambizioni che si punta a raggiungere entro il 2030: la persona, tra le altre cose, è centro di questo cambiamento e si punta a raggiungere l’80% dei cittadini UE con skill digitali di base (rispetto all’attuale 56%) e a più del raddoppio degli attuali ICT Specialists (che da 8,6 milioni dovrebbero passare a 20 milioni). Anche infrastrutture e servizi pubblici, proprio come le singole persone, devono tendere alla digitalizzazione e in tutto questo processo l’ambizione è quella di non lasciare nessuno indietro.



Anche i semiconduttori, che vengono utilizzati per produrre tutti i chip che equipaggiano i nostri dispositivi elettronici. Attualmente sono parte integrante del dibattito perché – essendo paesi come Cina, Taiwan e Cina i principali produttori – la situazione Covid più conflitto ha messo il resto del mondo davanti alla consapevolezza che se non si internalizza la produzione l’industria si ferma. L’obiettivo dell’UE, nei prossimi dieci anni, è quello di riuscire ad occuparsi in maniera efficiente e indipendente di tutte le fasi di produzione formando e attirando personale specializzato (tutto questo attraverso il Chips Act).

Parlando di diritti delle persone in rete e di Big Tech, inoltre, DSA (Digital Services Act) e DMA (Digital Markets Act) mirano a mettere nelle mani dei cittadini il potere sui dati di cui, finora, le grandi piattaforme hanno potuto disporre in maniera arbitraria.



La consapevolezza del cittadini al centro del dibattito

Tra la lotta alla disinformazione e un mercato digitale più giusto e con la possibilità anche alle realtà medie e piccole di emergere tra in un mondo monopolizzato dai soliti nomi, un punto fondamentale è la necessità di una maggiore consapevolezza del cittadino rispetto a quelli che sono i suoi diritti e a come farli valere. La mappa è tracciata in maniera chiara e – seppure le tappe intermedie debbano ancora essere definite con precisione – la necessità che i cittadini comprendano appieno che la loro vita online ha il medesimo peso di quella offline e che devono far valere i propri diritti (per citare la commissaria europea Margrethe Vestager celebrando il disegno di legge del DSA, che sarà la base per il completamento legislativo: «Ciò che è illegale offline lo è anche online».