Nelle intercettazioni, l’uomo egiziano portato in caserma dai carabinieri della Levante di Piacenza piange dopo l’ennesimo colpo ricevuto: «Basta, basta, basta». Sono richieste strazianti che, tuttavia, i militari liquidano così, continuando ad assestare colpi: «Che ti ridi? Secondo te noi ci divertiamo». È uno dei tanti episodi sui quali i carabinieri arrestati (secondo Repubblica sono dieci, nell’ambito di un’operazione che ha visto complessivamente 23 fermi) dovranno fare chiarezza.
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La procura di Piacenza, tra le accuse, riporta anche quella delle torture nei confronti di persone che venivano portate in caserma e picchiate. L’edificio – caso unico in Italia – ora è sotto sequestro. Tutto l’edificio, anche quella palestra dove i carabinieri conservavano lo ‘Scottex’: «Vallo a prendere – si sente in un’altra intercettazione dopo un pestaggio – perché questo qui lo dobbiamo almeno pulire».
Ma perché i carabinieri avrebbero fatto ricorso a questa violenza gratuita? Secondo le accuse della procura di Piacenza e nelle carte del gip, emerge che le motivazioni sarebbero state legate allo spaccio di sostanze stupefacenti. Con alcuni pusher, infatti, i carabinieri erano d’accordo. Queste stesse persone denunciavano in caserma i loro concorrenti che, in questo modo, venivano costretti a rivelare dove tenevano nascosta la merce che vendevano.
Un sistema che, nelle stesse intercettazioni, veniva definito ‘piramidale’, qualcosa di «molto simile a Gomorra». Un sistema che la procuratrice capo di Piacenza, Grazia Pradella, fa fatica a immaginare come portato avanti da militari dell’Arma dei Carabinieri: «Di lecito – ha detto in una conferenza stampa nella giornata di ieri – non c’era proprio niente».