Quel giornalismo che insiste con titoli fuorvianti su morti e ricoveri tra vaccinati e non vaccinati

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Il Tempo ha pubblicato un articolo il cui titolo e lancio social lasciano intendere ciò che non è, come viene spiegato anche all'interno di quello stesso articolo

«Ultraottantenni: più ricoverati e morti di Covid fra i vaccinati completi che fra i non vaccinati»: questo il titolo dell’articolo che è stato lanciato su Twitter dalla testata Il Tempo con il copy «Il sorpasso è arrivato. Più ricoverati e morti tra gli over 80 vaccinati che fra i non vaccinati». Anche l’immagine, con un Roberto Speranza che sembra disperato, lascia intendere molto. Insomma, si lascia spazio a pochi dubbi in merito a quanto dovrebbe esserci scritto nell’articolo e a quanto si vuole sottintendere: vengono ricoverati e muoiono più i vaccinati over 80 dei non vaccinati over 80. Si tratta, però, di diciture fuorvianti sui vaccinati morti e ricoverati il cui senso viene smentito all’interno dell’articolo stesso (che molti, però, condivideranno senza avere letto).



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Il titolo fuorviante che non parla del paradosso dell’alto numero di vaccinati



A far notare quanto il titolo non abbia nulla a che vedere con la realtà e con quanto si afferma – seppure gusto in fondo – nell’articolo in questione è Lorenzo Pregliasco. Si tratta di un «titolo indecente e ingannevole, che alimenta paure, confusione e diffidenze su una questione delicata come quella dei vaccini» poiché non esplicita il dettaglio che è fondamentale capire per leggere questi numeri: si tratta della «conseguenza matematica (lo chiamano il “paradosso”) di alte percentuali di vaccinazioni», come si legge sul Tempo stesso.

Quel giornalismo che campa di sensazionalismi

Pregliasco rincara la dose sottolineando quello che tutte le redazioni con giornalisti che sanno fare il proprio mestiere non mancano di dire da quando si da una lettura di questi dati per far meglio comprendere ai lettori quello che sta succedendo. Questa è la «conferma che troppo spesso le testate giornalistiche, con dentro giornalisti professionisti (!) – rimarca il founding partner di YouTrend – fanno disinformazione peggiore e più pericolosa dei famosi “social”, utilizzati semmai per raccogliere clic nella speranza di guadagnarci qualcosa. Malissimo».

Non importa il mezzo: può trattarsi del sito di una testata giornalistica regolarmente registrata o di una qualsiasi pagina social, a fare disinformazione possono essere bravi tutti. Conta chi c’è dietro lo schermo, non il mezzo utilizzato.