Lo stupro di Rimini scatena il razzismo sui social: 2 milioni di visualizzazioni per il video della tortura di un nero

04/09/2017 di Redazione

Mutilazione di organi, flagellazione, fustigazione. Sono alcune delle pene corporali alle quali in Italia e in Europa (fortunatamente) non si fa più ricorso da secoli. Eppure, nel 2017, qualcuno immagina quanto sarebbe utile riutilizzare quelle terribili torture. La storia dello stupro di Rimini ha innescato in questi giorni una nuova ondata di razzismo e di richieste di punizioni fisiche per gli autori dei gravi reati. Su Facebook in pochi giorni ha ottenuto oltre 2 milioni di visualizzazioni un video che mostra un uomo nero sofferente legato ad una corda con un grande sasso appeso ai genitali.

 

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(Immagine: screenshot da Facebook)

 

STUPRO DI RIMINI E RAZZISMO SUI SOCIAL, VIDEO VIRALE DELLA PENA CORPORALE

Il filmato, della durata di una trentina di secondi, che in mezza settimana è stato condiviso da 65mila utenti, è stato caricato sul social network da tale Carlo Basile il 31 ottobre, come soluzione per gli stranieri che delinquono nel nostro Paese. «Ecco perché vengono in Italia… al paese loro li sistemano per le feste! Condividete, merita!», è il messaggio che accompagna il video. Il commento audio che si ascolta mentre scorrono le immagini è altrettanto severo (e stupido, è il caso di dire). «Questo voleva violentare una ragazza e come punizione gli hanno attaccato una pietra ai cog… hai capito perché vengono qua, eh?», chiede il commentatore. Che prende anche in giro la vittima per le sue urla di disperazione. «Uè, uè, uè… chissà che ca… vuol dire», dice. E conclude: «Pezzo di m…!».

 

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(Immagine: screenshot da Facebook)

 

 

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Nei commenti al post il tono non cambia. «Ha commesso un reato sessuale nei confronti di una minore….e gli hanno dato la giusta punizione», è la sentenza di Basile. E ancora: «Invece di abbassare la coda e stare buoni si dimostrano aggressivi… se ne tornassero al paese loro allora!». In tanti, tantissimi, apprezzano. La bacheca diventa occasione di sfogo per tanti. «Così bisogna fare», scrive qualcuno. «Fatelo ai quattro di Rimini», aggiunge un altro. E chi prova a denunciare la tortura resta semplicemente isolato. Italia, 2017.

(Immagini: screenshot da Facebook)

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