Adobe, alla guida di una coalizione di aziende, crea uno strumento contro i deepfake

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La lotta ai deepfake dovrebbe diventare più semplice grazie a uno strumento creato da Adobe e altre aziende leader nel tech: come funziona?

Con la diffusione dei deepfake e l’affinazione delle tecniche di creazione diventa sempre più difficile capire la provenienza di video e immagini. Tra l’utilizzo che se ne può fare con i deepfake porn a quello che ha implicazioni politiche, diventa sempre più urgente mettere un freno alla questione. In questa direzione va lo sforzo di Adobe insieme a una serie di aziende tech (tra le quali troviamo Microsoft, Arm, Intel TruePic e BBC), che hanno deciso di creare insieme un preciso standard per la verifica della provenienza di video e foto che documenti anche le modifiche successive.



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Come funziona lo standard di Adobe contro i deepfake

La notizia è stata data in anticipo da Axios e l’annuncio ufficiale da parte di Adobe dovrebbe essere fatto nella giornata di mercoledì. Lo scopo è rendere più complicato alle persone alterare immagini e video in modo da far credere che siano reali – facendo, di fatti, disinformazione – e lo strumento in questione vuole andare a costituire una vera e propria certificazione della provenienza dei contenuti digitali. Il lavoro fatto per sviluppare questo nuovo standard è stato fatto nell’ultimo anno, creando uno strumento in grado di dire dove e quando un prodotto digitale è stato creato per la prima volta e quali cambiamenti sono stati fatti successivamente.



Andy Parsons di Adobe ha commentato con Axios la novità, annunciando che «la velocità con cui questo è stato sviluppato e implementato è stata praticamente senza precedenti». Oltre a questo, lo standard di Adobe andrebbe a fornire ai creator di contenuti un modo per dimostrare che il lavoro è loro, certificandone la provenienza. Il codice di utilizzo di questo nuovo sistema contro i deepfake dovrebbe essere rilasciato tramite open source. Adobe ha fatto sapere di stare lavorando anche a un sistema ulteriore che possa autenticare – dopo i video e le immagini – anche i file audio.