Diciotto anni di carcere per Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, otto per Roberto Mandolini e tre anni e sei mesi per Francesco Tedesco. Sono queste le richieste avanzate dal pubblico ministero del processo sulla morte di Stefano Cucchi. I primi due sono i Carabinieri coinvolti in prima persona nel pestaggio del geometra romano che sono stati accusati di omicidio preterintenzionale.
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«È impossibile dire che non ci sia un nesso di causalità tra il pestaggio e la morte di Stefano Cucchi – ha detto il pm Giovanni Musarò nella sua requisitoria nel processo davanti alla Corte d’Assise sul caso del geometra morto a Roma dopo i colpi ricevuti in caserma -. L’unica spiegazione medico-legale su causa morte che ha una dignità è quella del riflesso vagale bradicardizzante. I periti parlano di multifattorialità a produrre la morte di Cucchi. E tutti i fattori hanno un unico denominatore: sono connessi al pestaggio, sono connessi al trauma subito da Stefano Cucchi».
Otto, invece, gli anni chiesti per maresciallo Roberto Mandolini (all’epoca comandante interinale della Stazione Appia) per l’accusa di falso; per lo stesso reato sono stati richiesti tre anni e sei mesi di reclusione per Francesco Tedesco, divenuto superteste nel processo bis sul caso Stefano Cucchi.
«Questo processo ci riavvicina allo Stato. Riavvicina i cittadini e lo Stato. Io non avrei mai creduto di trovarmi in un’aula di giustizia e respirare un’aria così diversa – ha detto Ilaria Cucchi dopo le richieste fatte dal pm -. Sembra qualcosa di cosi’ tanto scontato eppure non è così. Se ci fossero magistrati come il dottor Musarò non ci sarebbe bisogno di così detti o della sorella della vittima che sacrifica dieci anni della sua vita per portare avanti sulle sue spalle quella che e’ diventata la battaglia della vita».
(foto di copertina: ANSA / MASSIMO PERCOSSI)