Il St. Pauli licenzia il suo calciatore pro Erdogan

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In Italia casi analoghi, ma nessun provvedimento

Il St Pauli è una squadra che non scherza con i principi e con gli ideali. La formazione calcistica di seconda serie tedesca (la Zweite Liga) è nota nell’ambiente per la sua politica a favore dell’accoglienza, del calcio inteso come forma di integrazione, dell’antirazzismo e di valori progressisti e pacifisti. Per questo motivo non poteva accettare che un suo tesserato, il calciatore turco Cenk Sahin avesse manifestato il suo sostegno a Recep Tayyp Erdogan per la sua invasione della Siria del Nord.



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St Pauli licenzia il suo calciatore pro Erdogan

Cenk Sahin aveva scritto un tweet di supporto alla causa, come hanno fatto diversi suoi colleghi e connazionali. In Italia si annoverano i casi di Cengiz Under della Roma e di Merih Demiral della Juventus, ma si può addurre come esempio anche l’esultanza dei calciatori della nazionale turca nel corso della partita di qualificazione all’Europeo 202o: un’esultanza rappresentata dal saluto militare in favore di telecamrea.



Il destino di Cenk Sahin è stato deciso dalla formazione di Amburgo: licenziamento in tronco per il suo supporto a Erdogan e all’invasione turca, con conseguente uccisione di miliziani e civili curdi al confine settentrionale della Siria.

Il comunicato ufficiale del St Pauli

«Il contratto di Sahin, per la tutela di tutte le parti coinvolte, resta in essere – si legge nel comunicato ufficiale del St. Pauli – e il St. Pauli concederà al giocatore la possibilità di continuare ad allenarsi e scendere in campo con altri club. I principali motivi sono il ripetuto disprezzo dei valori del club e la necessità di proteggere il giocatore. Il fatto che rifiutiamo ogni atto di guerra non può essere in discussione».



La squadra di St. Pauli ha fatto un gesto che, in questi minuti, sta diventando virale sui social network. Diversi tifosi italiani stanno chiedendo a gran voce alla Roma e alla Juventus di prendere provvedimenti nei confronti dei propri tesserati e stanno chiedendo di non far disputare la finale di Champions League del 2020 a Istanbul, in segno di protesta nei confronti di Erdogan e della sua invasione della Siria del Nord. L’iniziativa ha incontrato però ostacoli nell’UEFA che ha parlato di un gesto troppo forte che, al momento, non può essere preso in considerazione.

Tuttavia, anche i governi europei si stanno iniziando a mobilitare in questo senso. Vincenzo Spadafora, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport, ha chiesto all’UEFA di boicottare Istanbul e di impedire che la città possa ospitare una festa dello sport continentale come la finale di Champions League. Che ha – tra i suoi valori – il pacifismo e la lotta al razzismo, tra le altre cose.

Photo: Daniel Reinhardt/dpa