Sinodo della Famiglia 2015, il cardinale Kasper: “Sui divorziati risposati impariamo da Lutero”

Sinodo della Famiglia, il cardinale Walter Kasper interviene con uno scritto su Stimmen der Zeit, periodico cattolico in tedesco, e tradotto in italiano da “Anche il Papa Rema”. Un lungo saggio in cui il prelato, ritenuto il capofila del fronte dei prelati progressisti e autore di quel libro, “Misericordia”, citato in persona da Papa Francesco; a lui la responsabilità di formulare e pronunciare la relazione davanti al concistoro straordinario che ha aperto i lavori del Sinodo della Famiglia 2014. Ci si aspetta che il suo pensiero vada a pesare e ad impattare anche sui lavori del sinodo ordinario, sempre sui temi della famiglia, che si aprirà il prossimo ottobre in Città del Vaticano.

SINODO DELLA FAMIGLIA 2015, IL CARDINALE KASPER: DIVORZIATI RISPOSATI E SECONDE NOZZE NELLA CHIESA

Uno dei temi su cui è più atteso il confronto fra i padri sinodali è quello sul rapporto con le coppie, unite in vincolo sacramentale, che si siano separate o divorziate. Molto si è discusso riguardo l’ipotesi di trovare uno strumento, un veicolo, che possa ricondurre le persone – magari abbandonate, non necessariamente attrici della separazione – alla piena comunione sacramentale con la Chiesa Cattolica. Nell’Instrumentum Laboris si dava ampio spazio all’idea di un percorso sacramentale di penitenza, ma non si prendeva una posizione netta riguardo all’ipotesi di riammettere queste persone alla comunione con la Chiesa. Con ampie argomentazioni teologiche, il Cardinale Kasper effettua un parallelismo fra l’indissolubilità dell’unione fra la Chiesa e Gesù, e l’indissolubilità dell’amore coniugale. Ma sulla terra, fra uomini, nessuna unione è perfetta e la perfezione dell’unità è piuttosto un obiettivo da raggiungere, “una prospettiva escatologica”.

Il dramma può giungere fino al punto che anche i cristiani possono fallire nel loro matrimonio. Questo fallimento è sempre una catastrofe umana, in cui un progetto di vita con tutte le sue speranze va incontro alla delusione e si infrange. (…) Il patto coniugale stabilito da Dio stesso non si infrange anche se l’amore umano si indebolisce o si spegne del tutto. E tuttavia, anche in situazioni di fallimento umano nel matrimonio, la situazione non è mai senza prospettiva e senza speranza. Anche in situazioni nelle quali noi non vediamo alcuna via d’uscita, Dio può aprire una via nuova.

Tuttavia, i divorziati non sono più in uno stato di unione perfetta con la Chiesa Cattolica, e non possono accedere, a prassi vigente, automaticamente alla comunione sacramentale, l’eucarestia domenicale dunque; per loro, già nel Sinodo dell’anno scorso, si consigliava di valorizzare l’importanza della comunione spirituale, ovvero della compartecipazione di tutti i battezzati alla vita della Chiesa, pur senza l’accesso regolare ai sacramenti.

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SINODO DELLA FAMIGLIA 2015, DIVORZIATI RISPOSATI E COMUNIONE

Il cardinale Kasper si interroga su quale sia, effettivamente, il ruolo della comunione spirituale nella dottrina cattolica. Secondo la tradizionale interpretazione, dice Kasper, “la comunione spirituale non è una forma alternativa rispetto alla comunione sacramentale, ma è essenzialmente riferita alla comunione sacramentale. L’applicazione alla situazione dei divorziati risposati appare perciò problematica”, perché senza la comunione sacramentale non sarebbe possibile sostenere che i divorziati risposati possano partecipare alla comunione spirituale con la Chiesa. Per questo, Kasper propone di intendere il senso della comunione spirituale in un altro modo.

Questa via è invece possibile se tacitamente si suppone un altro significato della comunione spirituale. In questo nuovo significato la comunione spirituale non designa il desiderio della comunione sacramentale che nasce dall’essere uniti a Cristo nella fede, ma un desiderio nel quale il cristiano che vive in una situazione irregolare prende coscienza della sua separazione da Cristo e diviene consapevole che il suo desiderio, finché non modifica in modo fondamentale la sua situazione, non può essere soddisfatto. Così compresa la comunione spirituale può diventare un salutare impulso alla metanoia.

Ovvero, al cambiamento di pensiero. Qui Kasper inizia ad introdurre il suo pensiero sulla soluzione del problema dei divorziati risposati.

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SINODO DELLA FAMIGLIA 2015, PASTORALE DEI FEDELI DIVORZIATI RISPOSATI

Essenzialmente, il cardinale sostiene che, cementando la comunione spirituale attraverso il sacramento della penitenza, si possa rinunciare a dare regole generali riguardo la posizione dei divorziati nella Chiesa, e si possa invece affidare al cammino penitenziale del singolo, sotto la supervisione del sacerdote e del Vescovo, la comprensione delle difficoltà.

La chiesa antica ha sperimentato dolorosamente assai presto, già nel tempo della persecuzione, che i cristiani possono fallire. Nel tempo della persecuzione molti cristiani si sono dimostrati deboli e hanno rinnegato il loro battesimo. Ciò ha portato, dopo il tempo della persecuzione, a una vivace discussione circa il modo in cui la chiesa doveva comportarsi di fronte a tale situazione. Padri della chiesa in Oriente e Occidente hanno difeso contro il rigorismo di Novaziano, che proponeva l’ideale della chiesa come vergine pura, l’immagine della chiesa come madre misericordiosa, le cui porte sono sempre aperte al peccatore disposto alla conversione. Essi hanno sviluppato la penitenza canonica, compresa come secondo battesimo non nell’acqua ma nelle lacrime del pentimento e della penitenza. 

Allo stesso modo, per la questione dei divorziati risposati.

Alcuni padri hanno applicato un procedimento simile anche a cristiani che avevano rotto il loro legame matrimoniale, vivevano in una seconda unione e mediante la via della penitenza erano riconciliati e ammessi alla comunione.

Questo ha portato, specialmente la Chiesa Ortodossa, alla pratica della cosiddetta Oikonomia, ovvero una benedizione delle seconde nozze “per la cura delle anime” e senza rinnegare in nessun modo l’unicità del sacramento matrimoniale; una strada che, lo chiarisce già l’Instrumentum Laboris del Sinodo della Famiglia 2015, la Chiesa Cattolica non potrà seguire: l’equivalente dell’Oikonomia ortodossa, per la cattolicità, è l’applicazione integrale della giustizia misericordiosa.

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SINODO DELLA FAMIGLIA 2015, DIVORZIATI RISPOSATI E CHIESA ORTODOSSA

Il che significa, dice Kasper, che “in situazioni complesse, nelle quali una interpretazione letterale del diritto sarebbe iniqua, [bisogna far] valere il diritto in modo misericordioso “giustamente ed equamente”. E così, al problema dei divorziati risposati, “non può esserci alcuna soluzione generale del problema, ma solo soluzioni singolari”. La via del recupero alla Chiesa dei divorziati risposati passa essenzialmente dalla direzione spirituale.

Con la via paenitentialis non si intende l’imposizione di pesanti pene, ma del processo, doloroso e tuttavia salutare, della chiarificazione e del nuovo orientamento dopo la catastrofe della separazione, che è accompagnata da un esperto confessore mediante un colloquio che ascolta pazientemente e aiuta a fare chiarezza. Questo processo deve condurre l’interessato a un giudizio onesto sulla propria situazione, in cui anche il confessore matura un giudizio spirituale, per poter far uso della potestà di legare e di sciogliere in modo adeguato alla situazione. Come in altre questioni di grande importanza ciò accade, secondo l’antica prassi della chiesa, sotto l’autorità del vescovo

Caso per caso, dunque, la Chiesa dovrà utilizzare – come già fanno moltissimi sacerdoti nel silenzio – la propria autorità di “legare e di sciogliere”, e a fronte di un compiuto percorso penitenziale (e, suggerisce l’Instrumentum Laboris, anche a fronte dell’impegno di vivere in continenza un’eventuale nuova unione) si potrà riammettere il battezzato alla comunione sacramentale. E nel concludere il suo intervento, il Cardinale sostiene che la Chiesa Cattolica, e in generale i cristiani, debbano rifarsi alla dottrina della penitenza di Lutero: tutta la vita, nel cristiano, deve essere vissuta come un cammino penitenziale.

La comunione sacramentale, cui l’assoluzione apre di nuovo la strada, deve dare alla persona che si trova in una difficile situazione la forza per perseverare sul nuovo cammino. Proprio i cristiani in situazioni difficili hanno bisogno di questa sorgente di forza che è per loro il pane della vita. Un tale rinnovamento della prassi penitenziale della chiesa, al di là dell’ambito dei divorziati risposati, potrebbe avere l’effetto di un segnale per il necessario rinnovamento della prassi penitenziale che nella chiesa di oggi è a terra in modo deplorevole. Sarebbe profondamente farisaico ritenere che questo riguardi solo i cristiani divorziati e risposati. In occasione del ricordo dell’affissione delle tesi di Lutero, che cinquecento anni fa ha rappresentato l’inizio della Riforma, i cristiani cattolici ed evangelici hanno tutte le ragioni per lasciarsi dire dalla prima tesi di Lutero che tutta la vita di un cristiano deve essere una penitenza.

E questo vale per i divorziati, i risposati, i cristiani di qualsiasi genere.

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