La lettera di Sergio Brugiatelli: «Non sono né informatore né pusher»

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L'uomo scrive anche per rendere onore al «valoroso» Mario Cercellio Rega «che, con il suo lavoro di carabiniere, ha salvato la mia vita e purtroppo perso la sua»

Continuano le indagini sull’omicidio del carabiniere Mario Cercellio Rega, mentre in Italia è arrivato il padre di Finnegan Elder Lee, uno dei due ragazzi americani indagati per la morte del vicabrigadiere. Il ragazzo avrebbe ammesso di aver ucciso Rega, a cui rende onore in una lettera scritta da Sergio Brugiatelli e diffusa tramite il suo avvocato. Si tratta dell’uomo con lo zaino, nelle ultime ricostruzioni identificato prima come pusher e poi come informatore, ma lui nega entrambe le ipotesi.



La lettera di Sergio Brugiatelli: «Non sono né informatore né pusher»

«Queste righe le scrivo innanzitutto per rendere onore all’uomo valoroso che, con il suo lavoro di carabiniere, ha salvato la mia vita e purtroppo perso la sua» scrive nella lettera Sergio Brugiatelli, l’uomo con lo zaino che ha telefonato al 112 per denunciare il furto di un borsello. Una telefonata che ha dato il via alla complessa dinamica che ha portato alla morte del carabiniere Mario Cercellio Rega in circostanze che ancora restano da chiarire. «Non mi addentrerò nei fatti della notte tra il 25 e il 26 luglio, ma desidero chiarire che non sono un intermediario di pusher né, tanto meno, un informatore delle forze dell’ordine» scrive Brugiatelli aggiungendo che «se dopo il furto subìto ho chiamato il 112, senza aspettare l’indomani per sporgere denuncia, come mi era stato in un primo momento consigliato dai carabinieri, è stato perché ho avuto paura». Brugiatelli ribadisce quindi la storia del “cavallo di ritorno”, ricostruzione che sembrava essere stata smentita negli ultimi giorni. «Quando ho chiamato il mio numero di cellulare, chi ha risposto non ha solo preteso denaro e droga per riconsegnare le mie cose. Mi hanno minacciato, dicendo che sapevano dove abitavo e sarebbero venuti a cercarmi» scrive ancora nella lettera, spigando che all’interno del borsello rubato oltre al documento d’identità «c’erano anche le chiavi della casa dove vivo con mio padre, che è molto malato, mia sorella e mio nipote». «Ho avuto paura che potessero far del male a me  e soprattutto a loro, e per questo ho chiesto aiuto al 112» continua spiegando di aver poi richiamato i ladri insieme ai carabinieri usando il vivavoce: anche in quel caso le minacce sarebbero state ripetute.

L’uomo quindi allontana le ipotesi che sono apparse negli ultimi giorni sui giornali italiani, in una rincorsa alla ricostruzione di un caso che ha scosso le coscienze del paese e oltreoceano. A loro Brugiatelli si rivolge direttamente :«Chiedo ai giornalisti, anche in segno di rispetto per la vittima, di smetterla con richieste di interviste che non ho intenzione di rilasciare», scrive in conclusione alla lettera, dove lascia largo spazio anche alle condoglianze alla famiglia del carabiniere, «il resto è storia nota, alla quale non voglio aggiungere altro, a parte tutto il mio dolore e rispetto, per la vita di un giovane eroe finita troppo presto».



(Credits immagine di copertina: ANSA/ WEB TGLA7)