L’occasione persa dai giornali di destra sulla morte di Seid Visin

Categorie: Attualità, Mass Media

Dopo l'esclusione dei motivi legati al razzismo tra le cause del suicidio del giovane, la stampa orientata ha parlato di strumentalizzazione della sinistra

La vicenda della morte del giovane Seid Visin è uno di quei concentrati di dolore di cui è difficilissimo parlare. Perché coinvolge vite umane e le sconvolge, perché mostra una fragilità che si annida nell’animo, perché non può essere inglobato in uno schema dai contorni precisi. Per questo motivo, la banalizzazione di alcuni titoli di giornale – all’indomani della pubblicazione di una lettera che il giovane aveva scritto qualche tempo fa e delle conseguenti dichiarazioni della famiglia secondo cui il razzismo denunciato in quella stessa lettera nulla aveva a che vedere con le cause del suo suicidio – è decisamente disarmante.



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Seid Visin e i titoli dei giornali di destra

Il Giornale: «”Seid, il razzismo non c’entra”. La sinistra zittita dai genitori». La Verità: «Usano il suicidio di un ragazzo per dare dei razzisti a Salvini e Meloni. Ma è tutto falso». Libero: «Povero Seid, si uccide e la sinistra lo sfrutta». Nella giornata di ieri, dopo la pubblicazione da parte del Corriere della Sera di una lettera scritta qualche tempo fa dal giovane ragazzo vissuto a Nocera Inferiore, si erano rincorse dichiarazioni preoccupate per la tensione sociale che si respira in Italia, per il clima di razzismo che ormai è endemico nel Paese, per la costruzione dall’alto di una politica che ha fatto del sospetto verso l’altro strumento e spauracchio. Oggi, sulla base delle parole del padre di Seid Visin, la stampa di destra attacca quelle stesse dichiarazioni, definendole false.



Il problema della divisione in due di una questione, come se non ci fossero sfumature interne, è il grande minus del dibattito pubblico in Italia. La necessità di una polarizzazione a tutti i costi. Ma, in questo caso, si parte persino da un presupposto sbagliato. Sebbene – secondo la testimonianza della famiglia – le motivazioni del suicidio di Seid Visin siano state altre, quella lettera è stata effettivamente scritta. Il ragazzo ha fotografato meglio di qualsiasi altra analisi statistica il clima di sospetto e di rifiuto che si respira in Italia. Non sono parole inventate, male interpretate, tirate fuori da un contesto avulso. Si tratta esattamente di dichiarazioni attribuibili al ragazzo, che hanno segnato una fase della sua vita e forse le fasi successive.

Un problema più complesso, oltre le tifoserie

La depressione ha mille sfumature, non deriva da una singola componente. Ma cercare di interpretare il motivo scatenante di un gesto estremo non può spettare a nessuno di noi e nemmeno ai genitori della vittima. Per questo quella lettera ha rappresentato, nel corso della narrazione di ieri dell’episodio, un punto fermo: perché le parole non sono state mediate, non sono state riportate da terzi, ma appartengono all’unica persona che poteva esprimerle perché aveva sperimentato quelle sensazioni sulla propria pelle. 



Per questo i giornali di destra, appiattendo il dibattito su quella che è stata la testimonianza di un familiare, non hanno reso un servizio informativo completo. Un urlo di dolore così complesso e organico ha bisogno di ben altro spazio di riflessione rispetto a quello della tifoseria politica, dell’interpretazione macchiettista dell’avversario pronto a esprimere solidarietà a parole, dell’ulteriore inasprimento delle posizioni estreme intorno a quelle che – per quanto autorevoli e vicine alla vittima – restano solo proiezioni di un malessere inspiegabile. Così facendo si ignora il problema, si continua a vivere nel falso mito di un’Italia dove, in fondo, va tutto bene. Un’occasione persa, appunto.