Scontro sul dpcm del governo a Otto e Mezzo: “È illiberale”

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I due giornalisti dibattono sul provvedimento di Palazzo Chigi tra chi lo definisce "illiberale" e chi invece teme che faccia passare il concetto che la situazione non è grave

È scontro sul dpcm del governo a Otto e Mezzo. Durante la trasmissione di La7 condotta da Lilli Gruber infatti la discussione sul decreto con le nuove restrizioni per contrastare il Covid ha visto i giornalisti Andrea Scanzi e Alessandro Sallusti su due posizioni diverse, anche se il provvedimento non è ancora ufficiale.



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Scontro sul dpcm tra gli ospiti di Otto e Mezzo

Lo scontro sul dpcm a Otto e Mezzo parte con la dottoressa Antonella Viola, l’immunologa dell’università di Padova che spiega quelle che sono le nuove regole che, secondo indiscrezioni e ammissioni del governo stesso, dovrebbero far parte del provvedimento, come il fatto che “quarantena e isolamento passano da 14 a 10 giorni” e l’addio alla “regola del doppio tampone” negativo per poter essere considerati guariti. Un decreto che secondo il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, è una “misura illiberale e anti-costituzionale” con norme inaccettabili perché, aggiunge Sallusti, “non possiamo trasformarci in uno stato di polizia”. E il direttore de Il Giornale è particolarmente duro col ministro della Salute, Roberto Speranza, che, secondo lui, “ha pensato una legge per regolare ciò che avviene dentro casa” quando “l’articolo 14 della Costituzione dice che il domicilio è inviolabile”. Anche per questo Sallusti sottolinea che “bisogna rispettare le regole rispettabili” definendo però “comunista” quello “Stato che pensa di entrare a casa mia”.



Posizioni che non trovano concorde il giornalista del Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi, che accusa il collega di usare il termine “comunista” in qualunque immagine ma definisce “molto pesante” il decreto pensato da Palazzo Chigi, soprattutto per la parte che dalle 21 impedisce di consumare alcol e cibo davanti ai locali. Per Scanzi comunque non ci sarà nessun lockdown “perché non ce lo possiamo permettere” a livello economico, ma l’editorialista del Fatto si augura che “la comunicazione sia un po’ più tremendista nelle prossime settimane” per far capire agli italiani di fare “molta, molta attenzione”.