Matteo Salvini dice che quelli di Repubblica e Gad Lerner non sono giornalisti

16/09/2019 di Redazione

Puntata sulle televisioni locali di Matteo Salvini, che questa mattina si è sottoposto al fuoco di fila delle domande dei telespettatori su 7Gold. L’ex ministro dell’Interno ha spiegato anche quanto accaduto nella giornata di ieri a Pontida. In modo particolare sulle aggressioni a un giornalista di Repubblica da parte di alcuni militanti e sugli insulti a Gad Lerner sul pratone della manifestazione. In modo particolare Salvini risponde a Repubblica sui singoli episodi che questa mattina sono all’ordine del giorno.

Salvini risponde a Repubblica sulle aggressioni ai giornalisti a Pontida

«Questi qua non sono giornalisti. Spesso e volentieri sono calunniatori – ha detto Salvini -, in ogni caso non si tocca mai nessuno neanche con un dito. Chiunque a casa mia è rispettato e riverito. Che Repubblica ogni giorno mi insulti, che Gad Lerner passi la vita a insultarmi, e Saviano, e Tizio e Caio… secondo me il giornalista dovrebbe essere superiore a certe cose, ma Gad Lerner una volta si augurò la mia morte».

Salvini risponde a Repubblica, la replica

Matteo Salvini, sempre dai microfoni di 7Gold, ha parlato anche delle accuse di strumentalizzazione dei bambini, vista la loro presenza sul palco di Pontida: «I bambini dovevano essere sul palco di Pontida – ha risposto Salvini – perché casi come quello di Bibbiano si ripetono in tutta Italia: è brutto da dire, ma i bambini furttano a volte anche 200 euro al giorno. È un business, proprio come quello dei migranti».

Nella giornata di ieri, un video-maker di Repubblica era stato aggredito sul prato di Pontida, mentre Gad Lerner ha ricevuto insulti antisemiti. Le reazioni del quotidiano e del giornalista sono arrivate nella giornata di oggi. Il quotidiano romano – per il quale scrive anche Gad Lerner – ha subito risposto con un comunicato della direzione, nel quale si ribadisce: «Mai insultato, mai minacciato, mai diffamato (e infatti non abbiamo ricevuto querele da parte sua). In realtà abbiamo fatto di peggio: lo abbiamo raccontato».

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