Il fallimento delle inserzioni a pagamento sui social da parte dei partiti

Come sempre, le varie creature politiche hanno affidato parte dei loro soldi a Meta per sponsorizzare i propri contenuti. Ma l'effetto non ha avuto i riflessi sperati sul risultato elettorale

La pubblicità è l’anima del commercio e questo vale anche per quel che riguarda il mercato elettorale. Nel corso delle ultime settimane abbiamo visto moltissimi esponenti dei principali partiti italiani scendere in campo su piattaforme destinate ai più giovani (come TikTok) nella speranza di sfruttare il mezzo social per ottenere consensi. Difficile valutare, al momento, la reazione di questo “investimento”, mentre abbiamo sicuramente dati più stabili per mettere a confronto il risultato delle elezioni Politiche 2022 con i soldi spesi dai vari attori politici e dai partiti nel corso dell’ultimo mese. E non è tutto oro quello che luccica.



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Questa analisi prende come riferimento gli ultimi 30 giorni (fino alla tagliola del silenzio elettorale scattata alla mezzanotte tra venerdì 23 e sabato 24 settembre), quelli in cui la campagna elettorale è entrata nel vivo. I dati fanno riferimento alle fonti ufficiali pubblicate – come da prassi – da Meta e, quindi, fanno luce sugli investimenti dei singoli partiti (e dei singoli attori politici) su Facebook e su Instagram (mentre TikTok non accetta inserzioni politiche a pagamento). E da lì appare il primo dato rilevante: a spendere di più, con oltre 141mila euro (per 71 inserzioni totali) è Fratelli d’Italia. Questo dato, dunque, sembra confermare la tendenza: chi più spende, più ottiene. Perché il Partito di Giorgia Meloni ha trionfato, come confermato dal risultato elezioni ufficializzato dal Viminale. Eppure si tratta di una goccia nel deserto, visti i risultati degli altri.



Perché al secondo posto tra i partiti che hanno investito di più sui social di Meta nel corso degli ultimi 30 giorni troviamo +Europa. Per una manciata di voti, infatti, il partito di Emma Bonino non ha superato la soglia di sbarramento del 3% ed è rimasto fuori dal Parlamento. Il tutto nonostante i 94 post sponsorizzati nel giro di un mese, per la cifra di oltre 83mila euro. Scorrendo lungo quest’elenco troviamo, ovviamente, altre pagine (come Save The Children). Prima di un altro crollo verticale: gli oltre 67mila euro spesi da Coraggio Italia (che fa parte dei “Noi Moderati”, quarta gamba del centrodestra) ha conquistato meno dello 0,9%.



Risultato elezioni vs investimenti su Facebook, la fotografia

Curioso il caso di Matteo Salvini. Il leader della Lega – il perdente di successo (grazie alla coalizione) secondo il risultato elezioni – ha investito moltissimo sulle piattaforme social del gruppo Meta: oltre 62mila euro per 44 post. Il suo partito, invece, ha investito oltre 10 volte meno con soli due post sponsorizzati. L’esatto opposto di Giorgia Meloni che ha speso 22mila euro (oltre 120mila euro in meno rispetto al suo partito). Poi c’è il Partito Democratico con i suoi 47mila euro per 175 post sponsorizzati (quindi non puntando sulla quantità).

Scorrendo lungo il report di Meta, vediamo altre indicazioni: Carlo Calenda, solo per la sua pagina personale, ha speso oltre 33mila euro (Azione 21mila); Matteo Renzi 7mila euro (Italia Viva quasi 26mila). Poi troviamo Europa Verde e Nicola Fratoianni che hanno speso all’incirca la stessa cifra (intorno ai 24mila euro). Infine Giuseppe Conte: per lui sono stati investiti, su Meta, oltre 33mila euro.

Il mondo reale e quello virtuale

Escludendo, dunque, da questo discorso i vincitori di queste elezioni (Fratelli d’Italia), appare evidente che gli investimenti su social come Facebook e Instagram non siano collegati alla realtà dei fatti. Perché, provando a scorrere lungo questi elenchi: Fratelli d’Italia sarebbe (ed è) primo partito, seguito da +Europa, Coraggio Italia (con spese molto superiori rispetto a Forza Italia), Lega, Azione e Italia Viva, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle. E, invece, lo scenario visibile dal risultato elezioni Politiche è molto differente. Questo può avere un valore: a differenza del passato, anche recente (marzo 2018), il peso di Facebook – in modo particolare – è molto meno evidente. Investire su social network di vecchia generazione non è più lo specchietto per le allodole.