Fino a che punto è giusto usare il riconoscimento facciale contro i furti nei negozi?

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Il dibattito sull'uso del riconoscimento facciale nei negozi prosegue in Australia, con indagini aperte sui colossi di vendita al dettaglio del paese

L’utilizzo del riconoscimento facciale nei negozi in Australia è una tematica calda, tanto che è stata aperta un’indagine ufficiale su due colossi di vendita al dettaglio del paese e sulla necessità di raccogliere dati biometrici dei clienti senza, tra le altre cose, avvertirli in maniera chiara e inequivocabile. A essere direttamente coinvolti nell’indagine sono Bunnings , catena di ferramenta, e Kmart, marchio di grandi magazzini che – allo scopo di garantire sicurezza e tracciamento di eventuali furti all’interno dei loro locali – raccolgono le impronte facciali dei clienti che entrano e escono. L’autorità australiana sta indagando per capire se quanto afferma il gruppo di consumatori Choice – ovvero che l’utilizzo della tecnologia in questione non sarebbe etico e sarebbe fatto in maniera invasiva, senza consenso e senza una reale motivazione – sia vero.



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Riconoscimento facciale nei negozi, cosa dice la legge attualmente?

Entrambi i brand rivendicano l’utilizzo della tecnologia come efficace misura antifurto e di sicurezza. Il punto, ora, è capire se c’è violazione della privacy e spetta scoprirlo – come racconta BBC – all’Australian Information Commissioner. Ai rivenditori è consentito, in Australia, raccogliere informazioni biometriche solo se sono «ragionevolmente necessarie» e se, in ciò che fanno, hanno «chiaro consenso». Il punto è trovare la quadra tra l’utilizzo della tecnologia per scopi di sicurezza e il rispetto della privacy dei cittadini. Ai rivenditori, quindi, va il compito di «essere in grado di dimostrare che si tratta di una risposta proporzionata», come ha affermato il commissario Falk considerato che «l’utilizzo di tecnologie di questo tipo nei negozi comporta notevoli rischi per la privacy».



Quanto sono consapevoli i cittadini?

Ben poco, almeno secondo il sondaggio del un gruppo di consumatori che ha chiesto a mille famiglie se avessero idea dell’utilizzo di questa tecnologia presso Bunnings e Kmart (i quali forniscono l’informazione utilizzando piccoli avvisi all’ingresso del negozio): il 75% ha risposto di non avere la minima idea rispetto all’utilizzo di questa tecnologia. Secondo la Commissione australiana per i diritti umani, l’utilizzo andrebbe sospeso finché l’Australia non si sarà dotata di leggi precise in merito alla questione.