Report racconta la storia dei camici forniti in Lombardia dalla ditta del cognato e della moglie di Fontana

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Report denuncia un possibile conflitto di interessi per Attilio Fontana, governatore della regione, con i soldi che sono già stati restituiti

Il programma d’inchiesta Report ha sollevato, attraverso il lavoro dell’inviato Giorgio Mottola (che ha collaborato  con Norma Ferrara), l’ipotesi di un conflitto d’interessi enorme per Attilio Fontana nella sua Lombardia. Premessa: il denaro di cui si parla è stato restituito alla regione il 22 maggio. Il servizio denuncia comunque una questione sulla quale sarà importante mettere i puntini sulle i capendone le dinamiche e i risvolti. La storia dei camici della regione Lombardia comincia in data 16 aprile e coinvolge la Dama spa, che si sarebbe aggiudicata una fornitura di camici per il valore di 513 mila euro.



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La Dama spa è della moglie e del cognato di Attilio Fontana



L’inchiesta “LO SQUALO” di Report andrà in onda il prossimo lunedì ma Il Fatto Quotidiano ne riporta già qualche anticipazione. La storia di base è semplice e riguarda un appalto, quello che sarebbe stato vinto senza regolare gara da Dama spa. La società si sarebbe aggiudicata – tramite l’agenzia regonale pubblica degli acquisti Aria – la fornitura di camici alla regione Lombardia per un valore di 513 mila euro in data 16 aprile. Dama spa appartiene – tramite DIVADUE srl – per il 10% a Roberta Dini (moglie di Attilio Fontana) e per il resto delle quote – tramite una fiduciaria svizzera – a suo fratello Andrea Dini. Entrambi parenti di Attilio Fontana, governatore della regione.

Il 22 maggio la ditta restituisce i soldi

Nel servizio viene chiarita immediatamente la versione di Fontana, che rende noto come lui non fosse in prima persona a conoscenza della vicenza: «Sapeva che diverse aziende, fra cui la Dama Spa, avevano dato disponibilità a collaborare con la Regione per reperire con urgenza Dpi in particolare mascherine e camici per strutture sanitarie». La storia dei camici della Lombardia comprati dalla società della moglie e del cognato di Fontana dovrebbe aver visto l’epilogo attorno al 22 maggio, quando la ditta ha stornato il denaro restituendolo alla regione. Per  affidare direttamente il denaro pubblico ci sarebbe stata l’autorizzazione di Aria, la centrale di acquisiti della Lombardia, creata più o meno un anno fa per volere dell’assessore di Bilancio Davide Caparini (Lega).

«Non è un appalto, è una donazione»

Andando sul sito Aria, tra gli elenchi dei fornitori la ditta Dama spa viene fuori con difficoltà e non è chiaro che cosa venda né a che prezzo. La società detiene il marchio Paul&Shark e il CEO è Andrea Dini, che è stato interpellato direttamente da Report. Nel servizio gli viene chiesto conto del documento recuperato da Report nel quale si legge come Dama dovrebbe cominciare con le consegna dal 16 aprile con pagamento a 60 giorni e emissione fattura entro il 30 aprile. Al citofono Dini, raggiunto dall’inviato del servizio, fa sapere: «Non è un appalto, è una donazione. Chieda pure ad Aria, ci sono tutti i documenti». Una volta visto l’ordine di forniture, però, Dini mette giù. Ha poi ammesso: «Effettivamente, i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, chi se ne è occupato ha male interpretato, ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione». Avrebbe dovuto essere una donazione, quindi. Il denaro è stato effettivamente restituito, ma questa rimane comunque una (brutta) questione aperta da chiarire e un possibile conflitto di interessi del governatore Fontana.

 

 

(Immagine copertina dal profilo Facebook di Fontana)