I venditori di terze parti che offrono soldi ai clienti che lasciano recensioni negative su Amazon

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Il rimborso arriva a essere anche il doppio della cifra pagata per un prodotto insoddisfacente, a una condizione: cancellare il commento negativo

Bisogna essere ben consapevoli, al giorno d’oggi, del valore di due cose: i dati personali e le recensioni che noi tutti lasciamo a strutture e/o aziende che mettono in vendita i loro servizi sulle piattaforme online, da TripAdvisor a Amazon. Ricordiamoci di una cosa: quando scegliamo un prodotto online non abbiamo altra possibilità di riscontro se non quella di confrontare le recensioni che sono state lasciate da altri utenti. È verosimile, dunque, che baseremo la nostra scelta sul giudizio altrui. Ma come fare a stabilire se quel giudizio è veritiero? Solitamente, la quantità di recensioni è un indice su cui fare affidamento, così come il tasso di fidelizzazione del cliente abituato ad acquistare su internet. Ma cosa succede quando la maggior parte delle recensioni è positiva? Il Wall Street Journal ha scoperto una cosa – bisognerà determinare quanto diffusa – sui rivenditori di terze parti: alcuni di questi cercano di offrire rimborsi e buoni sconti alle persone che lasciano recensioni negative su Amazon, al fine di portarli a rimuoverle. E avere così la propria immagine salvaguardata.



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Recensioni negative su Amazon e la strategia dei rivenditori di terze parti

I rivenditori di terze parti sono quelli che si appoggiano soltanto su Amazon per offrire al pubblico i loro prodotti. La loro attività si svolge al di fuori della piattaforma, mentre lo store di Amazon è una sorta di vetrina, utilizzata per proporre i propri prodotti a più persone possibile. Su di loro, Amazon non dovrebbe avere responsabilità (anche se la giurisprudenza in materia, soprattutto negli Usa, sta dimostrando come anche su questo segmento del suo business Amazon dovrebbe incentivare maggiormente i controlli). Tra l’altro, al di là della procedura di iscrizione per poter vendere su Amazon, il colosso dell’e-commerce ha contatti limitatissimi con i venditori di terze parti. Questo lascia il campo a strategie di vendita e di immagine ben poco consone.



Una utente di New York – la cui corrispondenza è stata consultata dal Wall Street Journal – aveva lasciato una recensione negativa a un rivenditore di terze parti di prodotti per la cucina. Nella fattispecie, non era soddisfatta dell’acquisto di un diffusore spray per olio dal valore di 10 dollari. Per questo, era stata portata a scrivere un commento non propriamente positivo. Qualche giorno dopo, a quanto pare, è stata contattata via mail da una figura dell’azienda da cui aveva acquistato: il mittente della mail è arrivato a offrire fino a 20 dollari di rimborso (il valore doppio rispetto all’acquisto effettuato dall’utente di New York) perché cancellasse la sua recensione negativa su Amazon.

Perché rappresenta un problema serio

Amazon, sin dal 2016, ha vietato la prassi – seguita da diverse aziende – di pagare gli utenti per lasciare commenti positivi (ma non corrispondenti a realtà) sui loro prodotti e sui loro servizi. Evidentemente, ragionando dal punto di vista opposto, i rivenditori di terze parti hanno provato ad acquistare il silenzio dei clienti insoddisfatti. Anche questo dovrebbe essere illegale. Ma la domanda è: come fanno gli utenti di terze parti ad avere l’indirizzo mail dei clienti insoddisfatti, visto che questi ultimi hanno lasciato le proprie credenziali solo su Amazon? Il colosso dell’e-commerce ha affermato di non condividere in alcun modo i contatti degli utenti con i rivenditori di terze parti. Che, comunque, in alcuni casi riescono a risalire all’identità di chi lascia recensioni negative. Un problema molto serio, su cui la piattaforma dovrebbe fare più di una riflessione.