Razzismo nella Nba, Ujiri fu aggredito dal poliziotto

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Le immagini dell'aggressione di un poliziotto al presidente dei Raptors durante le finali dello scorso anno rilanciano il tema del razzismo negli Stati Uniti

Torna l’allarme razzismo nella Nba. Le nuove immagini sul confronto tra il presidente dei Toronto Raptors, Masai Ujiri, e il poliziotto che lo ha denunciato per aggressione al termine di gara 6 delle finali Nba dell’anno scorso non lasciano dubbi. Il poliziotto ha mentito. E così dopo oltre un anno Ujiri vede riconosciuta la sua innocenza, nonostante l’amarezza per una gioia rubata che non tornerà più.



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Razzismo nella Nba, la storia dell’aggressione a Ujiri

Era il 13 giugno 2019 e i Toronto Raptors avevano appena battuto 114-110 i Golden State Warriors in gara 6 delle finali Nba conquistando il loro primo, storico, titolo. Un momento destinato a entrare nella storia della franchigia canadese e della Nba, col primo titolo conquistato da un club non americano. Quella sera Masai Ujiri, l’uomo che quel miracolo sportivo lo aveva costruito mattone per mattone, stava camminando a bordo campo pronto ad entrare per ricevere la premiazione col resto della squadra quando un poliziotto in servizio d’ordine lo ha aggredito, spintonandolo due volte, mentre lui cercava di mostrare il pass.



Un assalto al quale il presidente dei Raptors ha risposto con rabbia, ma che non è finito lì. Le immagini del dirigente di origine nigeriana infuriato in mezzo al campo, con Kyle Lowry a consolarlo hanno fatto il giro del mondo, così come la notizia che l’agente l’aveva denunciato per aggressione.

La rabbia di Ujiri e dei Raptors

Una storia che ha gettato un’ombra sulla favola del club torontino, e che ha decisamente fatto infuriare il dirigente nigeriano-canadese. Da allora è passato oltre un anno e solo adesso i legali di Ujiri hanno potuto rendere pubbliche le immagini della bodycam dell’agente, che nel frattempo aveva denunciato Ujiri per aggressione con l’appoggio del dipartimento di polizia della Bay Area. Le immagini hanno probabilmente tolto ogni dubbio sulla dinamica dell’incidente ma, allo stesso tempo, rilanciano il problema del razzismo sistemico negli Stati Uniti dove a quanto pare, un poliziotto si sente in diritto di spintonare senza motivo una persona solo per il colore della pelle. Un problema tanto profondo che anche dopo le immagini l’agente ha ribadito la sua posizione e che pone un dubbio. Se questo succede a un presidente NBA in un arena con decine di migliaia di testimoni, cosa può succedere quando non c’è nessuno a guardare?

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