Raphael Gualazzi a Sanremo 2020: «È la 4 volta qui, mi sento come un bambino. Papà voleva il posto fisso per me» | Video

Rapahel Gualazzi, invece, è stato il cantante che ha chiuso il giro delle esibizioni nella serata del 4 febbraio. Le sue parole in conferenza stampa spaziano dalla sua recente esperienza sanremese a quello che accadrà nei prossimi mesi, con il lancio del suo nuovo album. Un album che, a quanto pare, sembra essere perfettamente in linea con gli altri firmati dal cantante e compositore. 

Raphael Gualazzi in conferenza stampa a Sanremo 2020

«Ho in mente un album che non smentisce la linea dei precedenti, proprio per questo approccio variopinto. Nasco musicista e non rinuncio alla bellezza della musica. Quando mi sono seduto per la prima volta al pianoforte con loro ho trasmesso subito il mio pensiero Ho un piano. Il punto è che l’epicentro artistico è il pianoforte e la voce, da lì nasce tutto».

Tutta questa fusione come la porterai in tour?

«Sono un accanito sostenitore della musica suonata, non mi piace l’idea di sottostare a un click, ci sarà la mia band dì sette persone sul palco».

Carioca, che abbiamo sentito sul palco dell’Ariston è un brano molto particolare

«La prima serata di Sanremo è sempre un po’ problematica per tutti. C’è sempre un’emozione unica, torni quasi bambino. È una canzone così divertente da suonare e racconta lo spirito di condivisione con i musicisti che mi abbracciano con il loro suono. In un genere così il pianoforte è molto divertente. Abbiamo fatto un po’ tardi, avrei voluto salutare la mia mamma. Credo che Carioca sia l’esempio di come la musica rappresenti la sublimazione chiaroscurale delle nostre vite. La musica ha un potere unico come arte».

Quando hai detto ho un piano per fare musica e poi un piano b se non dovessi riuscirci?

«Credo di averlo pensato già durante gli anni di conservatorio, il desiderio cresceva dentro di me. Frequentavo il liceo pedagogico e il conservatorio, poi all’università andavo bene ma un giorno ho guardato mio padre negli occhi e gli ho detto che non avrei mai lavorato in una biblioteca. Sentivo il bisogno di sentire suoni nuovi e culture. Pensava fossi pazzo perché non ci avrei vissuto di musica, ma ho detto di voler sognare a 23 anni. Sono riuscito a fare della mia passione un mestiere».

Raccontaci il tuo look 

«Dal punto di vista dei brand che mi hanno supportato oltre alla costumeria la Rulià ha a disposizione di tutto dalle tute da astronauta ai vestiti anni ‘70. C’è poi Borsellino, carlo Pignatelli, ci sono quindi tanti marchi che mi supportano.  Un look che riporta alle atmosfere di carioca, credo che la musica debba andare di pari passo anche nella rappresentazione esterna. Questo singolo rievoca i sapori sud americani. Questo look è più comodo dei precedenti sicuramente (risate, ndr)».

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