Massacro di Srebrenica, Radovan Karadzic è stato condannato

Srebrenica, rimane una delle più grandi ferite d’Europa il massacro dei cittadini bosniaci di religione mussulmana perpetrato dai serbi di Slobodan Milosevic, di Ratko Mladic e di Radovan Karadzic: proprio quest’ultimo, l’ex presidente della Repubblica Srpska di Bosnia ed Erzegovina (la Repubblica Serba dello stato federale) è stato condannato a 40 anni di reclusione dal Tribunale Penale Internazionale per i crimini di guerra dell’Ex Jugoslavia. Genocidio e crimini contro l’umanità gli addebiti, condanne per nove su undici capi di accusa che venivano contestati all’ex presidente mentre per altre due accuse è mancato, secondo i giudici, l’elemento psicologico dell’intenzionalità. Il condannato si è definito “deluso e sorpreso” dall’esito del processo e ha già annunciato che “presenterà appello”.

MASSACRO DI SREBRENICA, RADOVA KARADZIC È STATO CONDANNATO

Secondo i giudici, Radovan Karadzic era perfettamente allineato, quale presidente della parte serba della Bosnia, al piano di annientamento delle minoranze etniche, e cocreatore insieme a Milosevic e Mladic delle azioni di pulizia etnica che a Srebrenica portarono alla morte di circa 8mila cittadini bosniaci, nonché dell’assedio di Sarajevo.

“L’ex psichiatra”, scrive l’Agi, “e’ stato riconosciuto responsabile anche di persecuzioni, uccisioni, stupri, trattamenti inumani e deportazioni, in particolare rispetto all’assedio di Sarajevo, che si concluse dopo quasi 4 anni e 10mila morti”. L’Ansa ricorda la storia di questo medico abbastanza incline alla cialtroneria scientifica e con un passato da poeta di scarso successo e di politico improvvisato.

All’inizio degli anni ’90, alla vigilia delle prime elezioni pluripartitiche, Karadzic, poeta da strapazzo con il vizio del gioco d’azzardo e una indagine per truffa alle spalle, fa la sua apparizione dal nulla nella vita politica bosniaca. Con grande sorpresa dei non pochi amici e colleghi musulmani e croati, che lo ricordano come persona gentile, viene nominato leader del neo costituito Partito democratico serbo (Sds) per decisione, afferma, del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, e si erge improvvisamente, lui montenegrino, a paladino del nazionalismo serbo più radicale e a sostenitore di Milosevic nel suo disegno di dar vita ad una ‘Grande Serbia’. Il 12 maggio 1992 e’ eletto presidente dell’autoproclamata repubblica serba di Bosnia e nei due anni successivi si pavoneggia spesso con indosso la mimetica e diventa uno dei volti simbolo dei più cruenti capitoli della guerra, dall’eccidio di oltre 8.000 musulmani di Srebrenica nell’estete del 1995, ai ripetuti cannoneggiamenti di Sarajevo, a campi di concentramento nella zona di Prijedor, e tanti altri casi di massacri, stupri, torture, saccheggi e pulizia etnica in tutta la Bosnia.

 

Tutti avvenimenti per i quali Karazdic è stato chiamato a rispondere dopo una rocambolesca latitanza durata 13 anni; la sua abilità di sfuggire alla cattura ne ha fatto un personaggio abbastanza stimato dai serbo-bosniaci rimasti legati alle idee nazionalistiche del conflitto balcanico che è costato 100mila morti e oltre 2 milioni di sfollati fra il 1992 e il 1995.

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Come nella migliore delle spy story, Karazdic era rimasto a Sarajevo, dove è stato arrestato nel 2008 dopo aver esercitato per anni la professione di medico new age sotto falso nome, attività nella quale “riscuoteva anche un certo successo, invitando al silenzio e alla meditazione, con all’attivo articoli su riviste specializzate e workshop”, scrive ancora l’Agi. L’Ansa racconta di come Karadzic si facesse chiamare “Dragan David Dabic, psichiatra di Belgrado” e si aggirasse “nascosto sotto una folta barba e capelli bianchi e lunghi: un cambiamento d’immagine semplice ed efficace, studiato a tavolino con l’aiuto dei servizi serbi”.

Al processo affermò inoltre di essersi potuto giovare di una copertura diplomatica americana, notizia questa chiaramente smentita da parte Usa. Per lui, quello del massacro di Srebrenica sarebbe da considerarsi “un mito infondato”, si è sempre difeso dicendo di essere “un vero amico dei mussulmani” e, dopo questa sentenza, si è detto convinto di essere stato giudicato “sulla base di deduzioni”. Il processo è durato 5 anni (dal 2009 al 2014) e ha visto l’escussione di centinaia di testimonianze.

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