Diaspora Ncd, Quagliariello “cerca” Tosi e Fitto. Verdini sogna l’Opa sugli alfaniani. E Ala cresce ancora
16/10/2015 di Alberto Sofia
Per un partito che perde pezzi, c’è già chi è pronto a raccoglierne i resti. Se il Nuovo Centrodestra è un universo ormai in piena deflagrazione, dopo lo strappo del coordinatore dimissionario Gaetano Quagliariello, la sfida lanciata ad Angelino Alfano e la tentata convergenza dell’ex ministro di Letta con gli altri ribelli Fitto (Cor) e Tosi (Fare!), ad attendere che le fibrillazioni tra gli ex diversamente berlusconiani (e non solo) facciano scattare la diaspora c’è già Denis Verdini. Pronto ad accogliere transfughi e parlamentari. Sia tra chi è «rimasto orfano di un leader». O tra chi resta ancora in cerca di una collocazione, un salvagente. O una semplice poltrona.
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VERDINI SCRUTA LA DIASPORA NCD. E INTANTO ALA GUADAGNA NUOVI SENATORI –
Certo, tra Quagliariello e Verdini i rapporti sono tutt’altro che idilliaci. Tanto che la fronda del ministro mancato di Ncd guarda altrove. Eppure l’ex coordinatore azzurro e sodale di Berlusconi è consapevole di come il terremoto dentro Ncd sia la grande occasione per aumentare il peso – numerico, ma soprattutto politico – di Ala. Ovvero, la stampella di destra del governo Renzi. Non decisiva per poche unità sulle riforme costituzionali, ma pur sempre fondamentale nella prova muscolare del premier e della maggioranza sul Ddl Boschi. Spinta dall’ex plenipotenziario di Forza Italia passato alla corte del premier fino a quota 179. Ben oltre la soglia psicologica dei 161 voti – la maggioranza assoluta – a Palazzo Madama.
Ora, però, Verdini vuole passare all’incasso. Per questo ha la necessità di allargare i confini. Se all’orizzonte resta la creazione di un polo moderato che sia alleato stabile del premier, nella speranza di convincere Renzi a tornare al premio di coalizione nell’Italicum, al momento Verdini deve potenziare il gruppo dei “nuovi responsabili“. «Dopo le riforme ne arriveranno altri cinque, da Forza Italia e altri gruppi», aveva rivendicato Vincenzo D’Anna a Giornalettismo. E, in attesa di lanciare la sua Opa anche sull’ala governista di Ncd, i nuovi ingressi sono ormai pronti. A Palazzo Madama è ormai certo l’arrivo del forzista Pietro Iurlaro, che ha già formalizzato l’adesione al gruppo e lasciato il Cav. Entro poco tempo, secondo fonti parlamentari consultate da Giornalettismo, potrebbe raggiungerlo anche Claudio Zin, eletto all’estero (argentino, ma nato a Bolzano). Già da tempo sotto scouting di Verdini, che sta anche meditando come potersi candidare in una della quattro circoscrizioni del Sudamerica alla prossima tornata delle politiche. Ma non solo. In dirittura d’arrivo dentro Ala sono considerati anche Antonio Milo e Lionello Pagnoncelli: da pochi mesi fittiani, ma pronti a cambiare sponda. Poche settimane fa solo l’intervento dello stesso Fitto, che si precipitò in Senato, bloccò l’operazione. Ora però il pressing di Verdini sembra farsi insistente, anche se dai Conservatori e Riformisti smentiscono: «Non c’è alcuna uscita in vista». Sarebbe un problema per l’ex governatore pugliese, considerato come il suo gruppo a Palazzo Madama rischia di andare sotto la soglia minima di dieci senatori. «Potrebbe raggiungerci presto anche un ex M5S», spiegano invece in casa verdiniana, pur tenendo il nome coperto. E altri ancora sono in attesa di capire cosa fare. Sia da quella Forza Italia in crisi d’identità che dal Nuovo centrodestra in piena erosione. Verdini e i suoi lo ripetono da tempo: «Dobbiamo costruire i Moderati per Renzi». Chiaro che, se la parte filorenziana di Ncd decidesse per una convergenza, Verdini riuscirebbe ad aumentare il suo peso specifico. E poter contrattare con Renzi con maggiore forza.
VERDINI E LA NECESSITÀ DI ALLARGARE I CONFINI DI ALA –
Ma non solo. Allargare i confini è necessario all’ex sodale di Berlusconi per «provare a cambiare l’immagine di una fronda bollata come impresentabile», come si sussurra tra i corridoi parlamentari. Perché tra grane giudiziarie (a partire da quelle dello stesso leader, rinviato a giudizio in 5 processi pesanti), accuse di sessismo e di trasformismo politico, Verdini è consapevole di come per lo stesso premier sarebbe complicato far digerire un’eventuale alleanza con ALA al proprio elettorato. Al contrario, riaggregando un universo di centro, tutto sarebbe diverso. Non è un caso che siano già in stato avanzato i contatti con (quel che resta di) Scelta Civica in vista delle prossime amministrative di primavera. Al momento, però, spiegano in casa verdiniana, meglio evitare i gruppi congiunti con gli ex montiani: «Loro sono già in maggioranza. E basterebbe poco per accusarci di voler entrare, in modo furbo, tra le forze di governo», spiegano.
Meglio attendere, anche perché – di fatto – Ala fa già parte della maggioranza, pur senza entrarci. «Siamo nati per sostenere le riforme. Su giustizia, intercettazioni, diminuzione delle tasse siamo pronti a sostenere Renzi, se le sue riforme ci convinceranno», spiega l’ex Ap ora verdiniano Pietro Langella. E anche sulle Unioni civili, escluse le adozioni, la stampella non mancherà. In pratica, una convergenza quasi totale. Per un ingresso ufficiale, si vedrà. E molto dipenderà da cosa accadrà in casa alfaniana. Perché se la ministra Boschi esclude conseguenze o cambi in vista nella maggioranza dopo il caos Ncd, in casa verdiniana invece nicchiano: «Cosa faremmo se Ncd crollasse, facendo rischiare il governo? A quel punto è chiaro che saremmo costretti noi a entrare. Ma solo per demeriti altrui», provocano fonti consultate da Giornalettismo.
TERREMOTO NCD: LA FRONDA DI QUAGLIARIELLO E IL NODO COMMISSIONI. TUTTI I NOMI –
Che Ncd sia ormai al collasso non è un segreto. Nonostante i tentativi di Alfano di nascondere le insofferenze, lo strappo di Quagliariello ha fatto scattare un clima da “liberi tutti” nel partito. Tanto che Carlo Giovanardi – che con Luigi Compagna e Antonio Azzollini ha votato no al Ddl Boschi – ha già spiegato che non darà più la fiducia al governo. E si dice pronto a creare un gruppo autonomo con l’ex ministro : «Ci seguiranno in dieci almeno». In realtà, l’operazione non sarà così rapida. Ma graduale. Anche perché in molti vogliono attendere, per capire cosa accadrà con l’ “operazione Commissioni“. Ovvero, il rinnovo delle presidenze a Palazzo Madama, scadute ormai da oltre un mese. Per Renzi però non c’è fretta. Non è un caso. Perché il premier vuole allontanare possibili tensioni per la maggioranza durante la fase della legge di stabilità. Un passaggio delicato, anche perché osservato con attenzione da Bruxelles. Allo stesso modo da Palazzo Chigi vogliono evitare che i delusi dalle “assegnazioni” vadano a ingrassare le fila del ribelle Quagliariello. In attesa di sapere se le proprie poltrone verranno riconfermate ci sono anche Maurizio Sacconi (Lavoro) e Roberto Formigoni (Agricoltura). Mentre lo stesso Azzollini, che ha lasciato la presidenza della commissione Bilancio dopo l’inchiesta e la richiesta di arresto (respinta dal Senato) nei suoi confronti, è già orientato a seguire Quagliariello. Anche perché critico con Alfano, accusato di non essersi speso troppo per “salvarlo”. Ad aspettare, però, in casa Ncd, sono anche altri. Come Nico D’Ascola, un altro che punta la presidenza della commissione Giustizia. Quella che ora appartiene all’azzurro ed ex Guardasigilli Nitto Palma, ormai separato in casa dentro Forza Italia. Verdini lo vorrebbe con sé, lui continua a resistere, dopo aver spiegato di non voler far parte di operazioni di corrente. Ma in Senato il clima è quello del “calciomercato” in salsa parlamentare. Senza dimenticare come alla Camera l’ex ministro Maurizio Lupi coltiva ancora qualche speranza per una – difficile – candidatura come sindaco di Milano per il centrodestra.
QUAGLIARIELLO E LA CONVERGENZA TENTATA CON FITTO E TOSI
Tutti provano a ricollocarsi. E capire dove ci siano prospettive migliori. Se con Verdini alla corte di Renzi. O di nuovo nel centrodestra, ora però a trazione leghista. Mentre la truppa lucano-calabrese (con a capo Gentile e Viceconte) è da settimane sotto l’orbita verdiniana, altri come Augello e Ajello sono tentati dall’avventura con Quagliariello. Ma con chi? E con quali garanzie? In molti temono di diventare irrilevanti sotto l’opa di Salvini. Non è un caso che l’ex ministro guardi più verso i Conservatori e Riformisti di Fitto e verso l’ex leghista Tosi. Ma anche verso Mauro e i suoi Popolari.
L’operazione, però, è tutt’altro che semplice. Il motivo? In casa fittiana non sembrano fidarsi del sindaco di Verona: «Un giorno attacca Renzi, quello dopo flirta con lui», spiegano. Non è un caso che, almeno per ora, la pattuglia di tre senatori e tre deputati di Fare! resti autonoma. Anche perché, per chi come Fitto ha rotto con Berlusconi contestando il patto del Nazareno, un’accusa di “collaborazionismo” con il premier sarebbe politicamente mortale. Allo stesso modo, con Quagliariello pesano i contrasti del passato, quando in Puglia l’ex “costola” del Cav e il senatore erano rivali. In politica, si sa, c’è sempre tempo per dimenticare i contrasti. Ma dai fittiani predicano cautela: «Non siamo interessati a marmellate, né a operazioni di Palazzo», si difendono. Ma intanto rischiano di perdere il gruppo al Senato, mentre alla Camera i 12-13 deputati fittiani sono ancora formalmente dentro il gruppo di Forza Italia. Per questo il pugliese è sempre più presente a Roma: serve prendere una decisione, pena l’irrilevanza. E difendersi dall’assalto di Verdini. Ormai pronto a portare in dote a Palazzo Chigi tutti i delusi delle diverse anime del centrodestra, da Fi a Ncd, a Cor e non solo. Con un’unica giustificazione: nel futuro c’è solo Renzi come leader.