Il dibattito sulla gestione dei russi e dei filo russi – o che vengono classificati come tali – nei talk show italiani è aperto e infuocato. Sono in molti a dare la propria opinione (spesso e volentieri comunicando in maniera superficiale o tendente a parlare alla pancia, come richiedono i mezzi utilizzati per farlo a partire dai social network passando – appunto – per i talk show) e risulta difficile fare la quadra della questione. Un’interessante analisi sui filo russi nei talk show è stata tramite un lungo thread su Twitter e facendo riferimento a un articolo del quotidiano Libération.
Volevo parlarvi di un articolo uscito ieri su Libé, che considero davvero notevole. Un thread su questo perché lo merita. pic.twitter.com/MjMKGqwkB6
— Han Skelsen (@HSkelsen) May 18, 2022
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Libération, quotidiano di riferimento della sinistra francese, ha scritto un articolo con un titolo chiaro: «L’occhio di Mosca. Propaganda russa: il Cremlino ha trovato il suo posto nei media italiani». L’articolo approfondisce quello che sta succedendo in Italia concentrandosi sulla presenza di personaggi legati alla sfera russa – in primi Lavrov – che hanno trovato spazio abbondante nei nostri programmi di approfondimento in nome del pluralismo.
Come sottolineato nella lunga analisi dell’utente Twitter che cita frammenti dell’articolo di Libération, l’«onnipresenza di pro-Putin» nei nostri talk show che viene difesa da moltissimi conduttori in nome del pluralismo è un tema fondamentale. I riferimenti a un pensiero unico dominante veicolato dalla televisione pubblica – con atteggiamenti che da alcuni vengono definiti censura di regime – di stracci ne stanno volando parecchi tra giornalisti e studiosi di geopolitica e guerra.
Vedendo la quantità di persone pro Cremlino e lo spazio che è stato loro riservato, Libération sottolinea come «i sostenitori di Vladimir Putin hanno un tavolo aperto nei talk show televisivi italiani» e «i loro commenti, spesso oltraggiosi, inondano i talk show». Tra i personaggi più contestati presenti nei programmi italiani e regolarmente invitati il giornale francese cita: Yulia Vityazeva (la giornalista che ha parlato di un missile su Torino dopo la vittoria Eurovision della Kalush Orchestra); editori e cronisti di Newsfront, «personalità pro-#Putin regolarmente invitate a commentare la ‘operazione militare speciale’ on Ucraina».
Vengono poi citati «Nadana Friedrichson, giornalista del canale televisivo Zvezda (che dipende dal Ministero della Difesa russo) a Piotr Fedorov di VGTRK, gruppo mediatico statale russo i cui dirigenti sono anche sotto sanzioni europee, per non parlare del popolare presentatore Vladimir #Solovyev, il più famoso propagandista del Cremlino, a cui sono state sequestrate due lussuose ville in Italia, questi difensori della causa di #Putin siedono spesso, via Skype, negli interminabili talk show dei canali pubblici o privati italiani». In tutto questo, ovviamente, l’intervento di Lavrov non è passato inosservato sottolineando la mancanza di contraddittorio.
Il quotidiano francese ripercorre anche tutta la storia di Orsini e la fama acquisita in questi ultimi mesi, riportando alcune delle sue frasi più celebri nelle varie ospitate che ha fatto: «È una guerra persa in partenza, o diamo a Putin quello che vuole o se lo prenderà comunque» o che «preferisce che i bambini vivano in una dittatura e non muoiano sotto le bombe in nome della democrazia; un bambino può essere felice anche sotto una dittatura».
C’è da notare – come abbiamo fatto tutti a un certo punto – che effettivamente nessun altro Paese europeo è arrivato a concedere l’accesso ai media e una tale quantità di spazio di manovra senza essere contraddetti come abbiamo fatto in Italia e a confermarlo è stato il politologo filo-Cremlino sotto sanzioni Dmitry Kulikov: «Siete gli unici a invitarci», in riferimento alla partecipazione a Non è l’Arena.
Anche la politica si è esposta in tal senso, con Conte che ha dichiarato come «la guerra in Ucraina sta portando a un clima di censura» e Salvini, che sull’intervento di Lavrov ha detto «una cosa è criticare aspramente le sue parole, un’altra è attaccare una grande e libera televisione nazionale». Anche Tajani si era espresso a favore di quello che ha definito «lo scoop Mediaset».