«Io, positivo al coronavirus: così i medici mi hanno salvato la vita»

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La storia di Stefano, rimasto 18 giorni in ospedale dopo aver contratto il coronavirus. Ecco come e quanto è cambiata la sua vita

Stefano Baggiani è una delle tante, troppe persone che hanno contratto il coronavirus. Il virus maledetto lo ha colpito circa un mese fa e da quando l’ambulanza lo ha portato in ospedale, Stefano, che il 14 maggio compirà 52 anni, è stato ricoverato per 18 giorni, prima di essere dimesso e di essere finalmente tornato a casa. Giornalettismo lo ha contattato e Stefano ci ha raccontato la sua storia.



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Come e quando si è accorto di aver contratto il coronavirus?



«Come e quando non saprei proprio. All’inizio c’erano soltanto le distanze da sicurezza da rispettare, non era obbligatorio usare guanti e indossare la mascherina. Forse al supermercato, toccando un carrello o altro che qualcuno prima di me infetto aveva toccato».

Dopo quanti giorni da quando ha iniziato a sentirsi male l’hanno ricoverata?



«Io fino a lunedì 16 marzo stavo bene. Sentivo come se mi stesse venendo il raffreddore, avevo solo questa sensazione. Martedì a pranzo avevo già 37,3 e da lì ho iniziato con 38, 40 di febbre per 5 giorni e l’ho curata solo prendendo la tachipirina su indicazione del medico».

Aveva dei problemi di salute pregressi?

«Da dicembre è stata ufficializzata l’asma bronchiale».

Com’era la situazione all’interno dell’ospedale? C’era molta concitazione fra pazienti e medici?

«Io posso parlare della mia esperienza al Policlinico Umberto Primo, a Roma. Nessun caso e concitazione, solo personale addetto che non si risparmia. Tutti concentrati nel proprio lavoro aiutandosi l’uno con l’altro».

Come è stato trattato all’interno dell’ospedale nel giorno del suo arrivo? Ci racconta quella giornata?

«Sono stato trattato con cura e professionalità, medici e infermieri sono stati molto gentili e hanno cercato di non farmi agitare ulteriormente. Come sono arrivato in ambulanza mi hanno fatto subito tamponi rinofaringei e prelievi del sangue. Mi hanno subito messo in barella e al pronto soccorso mi hanno fatto una serie di domande e anamnesi. Poi mi hanno fatto una tac e mi hanno messo in una stanza da solo. Sono arrivato verso le 17, alle 19.30 mi hanno detto che ero positivo al coronavirus e mi hanno portato al reparto».

Come l’hanno curata? Oltre alle cure prettamente mediche, c’è qualcuno che le è stato vicino anche da un punto di vista psicologico?

«Come mi hanno curato non saprei, oltre a flebo di ogni genere mi hanno dato medicine per bocca. Comunque mi hanno fatto cure con farmaci per l’artrosi. Per 8 giorni sono stato con il CPAP, ovvero il casco che fornisce ossigeno 24 ore su 24, perché senza non potevo stare. Non c’era nessuno per un eventuale sostegno morale e psicologico. Premetto che personalmente non ne avevo bisogno. Gli ultimi 2-3 giorni in cui sono stato ricoverato, nonostante stessi in una stanza con un televisore a 46 pollici, marmo per terra, ho avuto un calo mentale, non rispondevo al cellulare perché stavo male: è stata dura per tutti, compresi i miei tre figli».

Dopo quanti giorni è stato dimesso? Come si sente adesso? E quali sono le raccomandazioni che i medici le hanno detto di adottare?

«Sono stato dimesso dopo 18 giorni dopo essere passato per tre reparti, compreso quello della terapia intensiva. Adesso ancora non mi sento bene purtroppo: ho perso 10 chili . Io sono una persona sportiva ma questa cosa mi ha devastato. Negli 8 giorni in cui ho indossato il casco non potevo muovermi neanche per andare in bagno. L’aggravante è stata l’asma che ho. I medici mi hanno detto che il coronavirus peggiorerà la mia asma. Io mi auguro di no, ma ad oggi dopo un po’ che faccio una camminata ho l’affanno. I medici comunque mi hanno detto che posso fare tutto quello che facevo prima, senza nessuna limitazione ma prendendo ovviamente tutte le precauzioni del caso. Non necessito di ulteriore isolamento

Come e quanto pensa che la sua vita sia cambiata?

«Per ora non ho questa percezione di vita cambiata, certo questa esperienza mi ha dato modo di pensare e riflettere su tante cose, quello sì. Un giorno mi sono affacciato dall’ospedale e vedevo il cielo limpido, 2-3 tipi di uccelli che non avevo mai visto prima e ho pensato: ‘Ma guarda te se un mostro invisibile che sta creando tanto problemi ha dovuto ripristinare il clima sulla terra’. E poi prima che tutti correvamo, sempre stressati: adesso dove corriamo che dobbiamo restare a casa? E allora rimettiamo in funzione la mente, leggiamo, vediamo film, riscopriamo il valore del tempo».

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