Come la polizia di Beverly Hills sfrutta il copyright per non finire sui social

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La polizia in Usa ha imparato un trucco per non finire sui social che potrebbe rivelarsi molto pericoloso

Non è la prima volta che la polizia sfrutta copyright a Beverly Hills, utilizzando questo trucco per rendere inutilizzabile del materiale girato da attivisti o giornalisti. La tattica è semplice: se qualcuno si avvicina per filmare una qualsiasi azione o per fare domande, un poliziotto fa partire tramite smartphone una canzone protetta da copyright a volume abbastanza alto da essere riconoscibile. Questo farà si che il materiale girato non possa essere diffuso sui social network per la violazione di copyright. A rendere noto questo ultimo episodio è stato l’attivista dell’area di Los Angeles Sennett Devermont.



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Polizia sfrutta copyright: i video

Una volta i Beatles, un’altra volta i Sublime. Il risultato, però, non cambia. E non si tratta dei gusti musicali della polizia di Beverly Hills ma dell’intento preciso di impedire a chi vuole fare domande di ottenere risposte o di rendere inutilizzabile il materiale girato. Il video dell’attivista è stato girato il 16 gennaio e Devermont cerca di fare una serie di domande al segente Billy Fair, colui che per primo aveva fatto sentire i Sublime. Stavolta è il collega e agente Julian Reyes, vicino a lui, che fa partire la canzone dei Beatles.

Perché i poliziotti mettono la musica

Come riporta Vice, agendo in questo modo la polizia vuole attivare i filtri di copyright dati dall’algoritmo di Instagram così che il video possa essere rimosso per violazione. Viene da sé che, agendo in questo modo, la polizia potrebbe impedire la diffusione di video di qualsiasi tipologia. Anche quelli in cui vengono commessi abusi di potere. Lo fanno notare anche Nick Simmons e Adam Holland, ricercatori del Lumen Database, che non sono stati sopresi dall’adozione di questa strategia, evidenziando come già durante le proteste del movimento BLM molti social avevano rimosso i video per ragioni di copyright legate alla musica che si sentiva. La prospettiva, visto queste evidenze, è stata definita «agghiacciante» dai due studiosi: «Le forze dell’ordine, o addirittura chiunque di qualsiasi convinzione ideologica che stesse cercando di impedire la condivisione online dei video di un particolare evento, deve solo assicurarsi che l’audio protetto da copyright sia presente con chiarezza e volume sufficientemente riconoscibili sullo sfondo di una protesta o di un altro evento».