Sul conflitto in Ucraina serve un «pluralismo dell’informazione della Rai»

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La Commissione di vigilanza e i democratici devono occuparsi del pluralismo informazione Rai che, secondo Santoro, è del tutto assente sulla guerra

Non possiamo confondere politica, giornalismo e comunicazione: in riferimento alla pandemia, Santoro sottolinea che il giornalista ha assunto la posizione del governo in maniera missionaria, come se fosse la sua missione. Vorrei capire cosa dicono il Movimento 5 Stelle e i Dem: «Voglio una risposta da parte dei partiti democratici, che rispondano. Dimostrateci che siete sensibili, che aprite, perché se c’è un’emergenza di guerra l’informazione non deve diventare di guerra». Il pluralismo informazione Rai si dovrà vedere, secondo Santoro, in un’apertura dettata dai democratici del servizio pubblico: «Apriamoci al lavoro di giornali come il NYT».



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Per parlare di pluralismo informazione Rai servono i fatti

Tarquinio, poi, riflette sul fatto che mai – come ora – secondo lui la voce della stampa italiana è stata sedata. «Un esame del sangue ogni volta che contesti qualcosa» rispetto alla linea del governo, «nonostante porti la bandiera dell’Ucraina, se dico che sono pacifista sembra che debba chiedere scusa. Ditemi una guerra che non è finita in altre guerra, che non ha distrutto paesi e fatto fare ricchezza a chi doveva». La riflessione, quindi, è sui giornalisti – i tanti bravi che si sono recati in Ucraina – che lavorano al fronte.



«Faccio il cronista, queste cose le stiamo raccontando e vorrei che ci fosse più di questo nel servizio pubblico. Ci sono interviste trasmesse dal servizio pubblico in cui gli ucraini danno contro la pace». Il punto dell’intervento dei tre giornalisti, quindi, è che non c’è lo stesso livello di rappresentanza di posizioni pacifiste, di coloro che non vogliono proseguire questa guerra, nella televisione pubblica italiana: «quelli che vogliono la pace – dice Guzzanti sottolineando il modo spregiativo con cui in tv si viene trattati se si ha questa posizione – possono subire qualsiasi linciaggio e fa paura sentirsi al di fuori della ragionevolezza, considerati dei putiniani».

Esprimere un parere diverso significa non essere rappresentati o ricevere ramanzine

«Su una manifestazione a San Giovanni per la pace i media non hanno detto assolutamente nulla», sottolinea la giornalista, facendo riferimento anche lei al linguaggio bellico e insopportabile utilizzato durante il Covid. Linguaggio che, se si provava a contestare, si veniva etichettati come no-vax. Tarquinio fa riferimento anche al fatto che “Pace Proibita”, come tutto quello che non riporta la voce maggiore in un paese, ha trovato spazio non nei media generalisti grandi o nel servizio pubblico ma in realtà più piccole che hanno deciso di farsi da tramite per arrivare ai cittadini.



Guzzanti: «Le persone di potere all’interno del giornalismo è quello di dirti quello che devi pensare, ti fa vergognare se la pensi per un altro modo. E dov’è il pluralismo in questo? Può essere legittimo essere anche contro la Nato, si può essere anti americani e si può criticare l’America, essere anti americani. Se siamo democratici e la nostra civiltà è più evoluta, cosa di cui sono convinta, dobbiamo essere in grado di capire il problema e di risolverlo con l’intelligenza e non con la violenza. Parte del problema è che quello che vale per gli altri spesso non vale per gli Stati Uniti, i crimini di guerra dovrebbero essere gli stessi per tutti».