Perché i batteri africani potranno salvarci da malanni e allergie

10/05/2017 di Redazione

Chi l’ha detto che l’immigrazione è una cosa negativa? Uno studio dimostra come in realtà, i batteri provenienti da fuori, e in particolare dall’Africa Subsahariana, possano aiutare la nostra popolazione.

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Lo racconta oggi La Stampa. A Firenze, un team di ricercatori analizza da anni i microrganismi del nostro corpo basandosi sui big data nelle sequenze di Dna.

«L’industria alimentare e i suoi processi, la sanificazione, l’utilizzo massiccio di antibiotici negli allevamenti hanno contribuito a debellare molti agenti nocivi, ma hanno finito per estirparne anche di essenziali», rivela Duccio Cavalieri, professore al dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze. «Un esempio sono i probiotici, che acquistiamo per reintrodurre nel nostro corpo elementi un tempo naturalmente presenti».

Aver eliminato funghi, batteri, microbi sta contribuendo all’esplosione di malattie auto immuni, infiammazioni, allergie. «Il sistema immunitario fin dalla nascita si abitua a riconoscere i microrganismi buoni da quelli che non lo sono», spiega Carlotta De Filippo, microbiologa all’Istituto di Biologia e biotecnologie agrarie del Cnr di Pisa. «Tuttavia, poiché la varietà microbica con cui entra in contatto è sempre minore, reagisce a ogni novità come se fosse patogena. E sviluppa infiammazioni».

COSA SUCCEDE IN AFRICA: IL CONFRONTO TRA I BIMBI DEL BURKINA FASO E QUELLI TOSCANI

Ecco perché i bimbi affetti da allergie alimentari sono aumentati del 20% in dieci anni. In Italia ne soffre un bambino su 20.

In Africa c’è invece tutt’altra situazione.

I ricercatori fiorentini l’hanno scoperto mettendo a confronto alcuni bambini toscani con coetanei del villaggio Boulpon, nel Burkina Faso. «Hanno il triplo di acidi grassi a catena corta, antinfiammatori naturali», racconta Cavalieri. E soprattutto hanno concentrazioni di patogeni inferiori: l’Escherichia (responsabile di cistiti, infiammazioni alle vie urinarie) è presente in misura quattro volte superiore nei bambini italiani, la Salmonella otto volte tanto, la Shigella (dannosa per l’intestino) sette volte, la Klebsiella (agente delle infiammazioni alla vie aeree, come la polmonite) quasi quindici. La differenza sta nei nutrimenti: fibre, amido non raffinato e altre fonti vegetali, pochi grassi animali, ma soprattutto niente industria alimentare. «I bambini africani vivono in un ambiente fortemente contaminato», ragiona il professor Cavalieri. «Eppure i principali patogeni umani si ritrovano in quantità decisamente minori, perché hanno una ricchezza microbica che li difende. Noi non ce l’abbiamo più».

A dimostrare la possibilità di arricchimento la nevicata del 2014, che ha riversato sulle Dolomiti grandi quantità di sabbia del Sahara. Col disgelo funghi e batteri “africani” hanno preso piede nell’ambiente alpino. Si sono addattati e lo stanno arricchendo. A dimostrarlo un gruppo di ricercatori (Cnr, Fondazione Edmund Mach, atenei di Firenze, Innsbruck e Venezia) che ha analizzato i campioni delle Dolomiti per tre anni. Per ora, spiegano, «gli effetti positivi sono prevalenti rispetto a quelli problematici».

(in copertina foto Christian Liewig/ABACAPRESS.COM)

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