Mattia, il paziente 1, ha ricominciato a parlare e respira in modo autonomo

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Il paziente 1 ha ripreso a respirare in maniera autonoma ed è tornato a parlare segnando il lieto fine per il primo caso di coronavirus

In una giornata segnata da un bilancio negativo per quanto riguarda il coronavirus possiamo dire che uno spiraglio di luce c’è. Mattia, il paziente 1 uscito dalla terapia intensiva il 9 marzo, respira in maniera autonoma e ha ricominciato a parlare. Le sue prime parole sono state, comprensibilmente, atte a capire dove si trovasse dopo essere stato incosciente per un quasi tre settimane.



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«Mi trovo nell’ospedale di Lodi?»

Queste le prime parole di Mattia, che ha voluto capire dove si trovasse. Ha soli 38 anni, è ricercatore, runner e volontario del pronto soccorso e si è sentito male lo scorso 20 febbraio, necessitando immediatamente dell’intervento del rianimatore e del ricovero in terapia intensiva. La prima volta si è presentato in ospedale il 18 febbraio, a Codogno, senza però presentare i sintomi che lo avrebbero indicato come caso sospetto. Rientrato a casa la situazione è precipitata nell’arco di un paio di giorni. I quasi venti giorni di terapia intensiva Mattia se li è fatti senza sapere di essere all’ospedale San Matteo di Pavia.



Coronavirus, come sta il paziente 1

Uscito da un paio di giorni dalla terapia intensiva, Mattia ha ricominciato a parlare e riesce a respirare senza l’ausilio di macchinari. Dall scorso lunedì, quando è stato trasferito in terapia sub intensiva, le condizioni si Mattia sono migliorate decisamente. Anche sua moglie, incinta di otto mesi, sta bene. Ricoverata come lui, la donna è potuta tornare a casa dopo qualche giorno di ricovero al Sacco e ora attende di dare alla luce la loro bambina. Mattia è diventato il paziente 1 poiché proprio dal suo caso è stato scoperto il focolaio a Lodi e, da lì, l’allarme coronavirus è esploso nel nostro paese. Il giovane ha potuto riprendersi, nonostante sia stato colpito duramente dal coronavirus, soprattutto per l’assenza di patologie pregresse e per il fatto di avere un fisico in salute che gli ha permesso di sopportare le terapie d’urto (cocktail di farmaci antivirali, antibiotici e quelli utilizzati per curare l’Hiv in via sperimentale).

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