L’ultimo smacco dell’Australia a Google: il ministro delle Comunicazioni usa Bing

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Continua il braccio di ferro dopo la proposta di legge sul rapporto tra editori e grandi media

L’Australia sta diventando l’ultima frontiera di un confronto ad armi pari con le grandi companies del settore tecnologico. Una sua proposta di legge, conosciuta come il news media bargaining code, prevede che i colossi del web come Google e Facebook si accordino con gli editori per il pagamento dei loro contenuti che intenderanno pubblicare sulle loro piattaforme. In caso di mancato accordo sui costi, la legge prevede l’intervento di un arbitrato esterno che potrà decidere in maniera indipendente dalle condizioni imposte dalle controparti il prezzo giusto per l’accordo. Sempre all’interno di questo corpus di leggi, inoltre, si chiede una maggiore trasparenza sugli algoritmi che regolano le scelte del motore di ricerca di Google o del suo feed di news (così come dei feed dei principali social network), in modo tale da permettere agli editori una conoscenza più approfondita delle regole che, di fatto, vanno a disciplinare la diffusione dei loro contenuti. Il corpus di leggi ha un ispiratore, il ministro delle comunicazioni australiano Paul Fletcher.



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Paul Fletcher ha dichiarato di utilizzare Bing come suo motore di ricerca preferito

La sua proposta è stata al centro di un ampio scontro con Facebook e con Google: il primo ha minacciato di impedire le condivisioni di news locali in Australia, mentre Mountain View ha addirittura paventato la chiusura del motore di ricerca nel Paese. Va da sé che, tra trattative e provocazioni, la tensione si muove sul filo diretto che collega i grandi media al governo e al parlamento australiano. Nell’ultima intervista, ad esempio, il ministro delle Comunicazioni australiano Paul Fletcher – oltre a ribadire che la legge andrà avanti fino all’approvazione e che anche la mediazione con Google e Facebook sta continuando – non ha risparmiato una frecciatina a Big G.



«Ho già usato DuckDuckGo in passato e adesso sto utilizzando con frequenza Bing – ha detto il ministro Fletcher -. Ma sottolineo che il governo australiano vorrebbe che Google e Facebook rimanessero in Australia». Battuta, suggerimento, provocazione. In ogni caso, il principio che sta guidando il governo e il parlamento australiano nella sua battaglia per un riconoscimento più equo del lavoro dei media rispetto alla loro diffusione sui grandi mezzi di comunicazione del web sta diventando la stella polare anche per altre battaglie nel resto del mondo.

L’Unione Europea con il Digital Services Act e con il Digital Markets Act sta cercando di seguire una strada molto simile e ispirata a quella australiana. Anche perché un eventuale abbandono dell’Australia da parte di Google potrebbe portare all’incremento dell’utilizzo di motori di ricerca come DuckDuckGo o Microsoft Bing, con conseguenze geopolitiche di rilievo. Il Paese oceanico ha deciso di andare avanti sulla sua strada, come dimostrano le parole del suo ministro e come dimostra anche un precedente in passato: nonostante un blocco dell’utilizzo di Amazon nel 2018 a causa di modifiche delle leggi fiscali locali, il colosso dell’e-commerce ci ha messo poco tempo per adeguarsi e per riprendere il suo servizio. L’Australia fa forza su questo precedente per continuare il suo braccio di ferro con Google e Facebook.