Patrick Zaky torturato «con scosse elettriche»: volevano farlo parlare di Giulio Regeni

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Le dichiarazioni rilasciate dalla famiglia e dall'avvocato del giovane ricercatore arresto ad al Cairo

I genitori di Patrick George Zaky, il ricercatore dell’Università di Bologna arrestato ad Al Cairo, raccontano al Corriere della Sera di aver visto il figlio solo una volta. «Solo dieci minuti in parlatorio, assieme agli altri detenuti» e alla presenza di un agente di polizia. I coniugi raccontano di avergli portato da mangiare e delle sigarette: «Lui non fuma, ma in carcere, sono una moneta di scambio». Ciò che però i genitori hanno visto era un ragazzo distrutto. « Sul fisico non ha molti segni, ma onestamente non sappiamo dire che cosa sia successo davvero: non ha potuto darci i dettagli di quel che gli hanno fatto» hanno raccontato, mentre l’avvocato di Zaky ha confermato i sospetti. Il ricercatore egiziano è stato torturato, usando anche cavi elettrici, ma in un modo che non sia visibile. .



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Secondo quanto dichiarato all’Ansa da Hoda Nasrallah, avvocatessa che lavora per l’ong egiziana Eipr. Amnesty International e che è nel team di legali che segue il caso di Zaky, il giovane «è stato sottoposto a scosse elettriche e colpito, ma in maniera da non far vedere tracce sul suo corpo». Patrick che da sabato è detenuto in una camera di sicurezza del commissariato di polizia Mansoura-2,  è descritto dall’avvocatessa come «psicologicamente distrutto» e «arrabbiato». «L’arresto arbitrario e la tortura di Patrick Zaky rappresentano un altro esempio della sistematica repressione dello Stato egiziano nei confronti di coloro che sono considerati oppositori e difensori dei diritti umani – ha continuato Nasrallah- una repressione che raggiunge livelli sempre più spudorati». Stando a quanto dichiarato dall’ambasciatore italiano ad Al Cairo Giampaolo Cantini che sta seguendo da vicino la vicenda e ha parlato con le autorità egiziane,  l’attivista è «stato fermato in base a un’ordinanza della Procura Generale ed è attualmente sotto inchiesta». Contro di lui «accuse di sostegno ad organizzazioni terroristiche».



Su Facebook invece, tramite la pagina “Patrick Libero“, è stato diffuso un comunicato firmato dai genitori che affermano con chiarezza che il figlio «non è mai stato fonte di minaccia o di pericolo per nessuno». Al Corriere della sera hanno detto che Zaky «difende le sue libere opinioni, ma conosce bene i limiti. Chiaro, eravamo un po’ preoccupati del suo impegno civile, sapete come sono i giovani, hanno la loro mentalità. Però, quando vedevamo che amava quel che faceva, lo lasciavamo libero». «C’era una denuncia di settembre e lui non ne sapeva niente. L’hanno fermato per quello, per i post su Facebook» spiegano al giornalista, a cui confermano che «sì, gli hanno chiesto anche dei suoi legami con la famiglia di Giulio Regeni».