Che il Movimento 5 Stelle sia diventato politico è evidente dalle risposte che ora i suoi rappresentanti danno. L’ultimo caso è quello dell’intervista rilasciata da Luigi Di Maio al quotidiano La Stampa e pubblicata alla Vigilia di Natale. Il ministro degli Esteri, di ritorno dal viaggio in Libano, è stato interrogato dal giornalista anche sul caso Moby-Onorato e dei presunti versamenti – su cui si sta muovendo l’Antiriciclaggio – nei confronti del blog di Beppe Grillo e della Casaleggio Associati. Tutte questioni, come capitato con il caso della Fondazione Open di Matteo Renzi, che dovranno essere accertate. Ma la risposta evasiva – anche se potremmo utilizzare il più calzante e cinematografico termine ‘Supercazzola’ – promuove il capo politico del M5S al ruolo di ‘politico navigato’.
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«Renzi vi attacca anche sul caso Moby-Onorato, parlando di due pesi e due misure. Quell’accordo di partnership da 600 mila euro alla Casaleggio e i 240 mila per il sito di Beppe Grillo, a parti inverse, avrebbero fatto sollevare il M5S?», ha domandato il giornalista Francesco Bei al ministro degli Esteri e capo politico del Movimento 5 Stelle. Insomma, si chiede un chiarimento su una vicenda che, al netto delle indagini che accerteranno i fatti, ha scosso ancor di più l’elettorato pentastellato.
Ma, invece di rispondere nel merito, Luigi Di Maio indossa i panni del politico navigato e (non) replica così: «Guardi qui noi vogliamo lavorare, siamo al governo per questo non per fare polemica o saziare la fame di visibilità di qualcuno». Nessuna risposta, quindi. Eppure bastava la classica formula perbenista, del tipo «se qualcuno vorrà indagare attenderemo l’esito degli approfondimenti».
Invece, adesso che una presunta macchia riguarda il Movimento 5 Stelle, ecco spuntare le tecnica salviniana dell’eludere da risposte scomode dando una risposta tanto banale quanto inutile. Il caso Moby-Onorato è ancora tutto da dimostrare, ma le repliche inconsistenti non servono per rassicurare il già instabile elettorato pentastellato. O quel che ne rimane.
(foto di copertina: ANSA/ETTORE FERRARI + estratto intervista La Stampa, 24 dicembre 2019)