L’amaca di Michele Serra di oggi su Repubblica sta facendo discutere non poco sui social perché alimenta uno dei complotti più celebri degli ultimi anni: i nostri smartphone ci ascoltano costantemente e, in base a quello che diciamo, ci propongono pubblicità di prodotti affini alle nostre conversazioni. Peccato solo che non esistano, finora, correlazioni provate tra le pubblicità e la questione degli smartphone che ci ascoltano. E, pur non essendoci correlazione provata, l’editorialista di Repubblica ha comunque scelto di parlare di affrontare questa tematica sulla sua rubrica fissa.
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A me dispiace se quando Michele Serra scrive di tecnologie non abbia chennesò qualcun accanto che je accarezzi la testa e je dica “Bravo Michelino, bravo, ora tieni e bevi tutta la tisana da bravo su”. pic.twitter.com/22kgJ9WqQM
— giulio verme (@zeropregi) May 11, 2021
La rubrica di oggi del giornalista si basa su una credenza mai confermata. Serra racconta di un avvenimento «abbastanza simile alle leggende metropolitane, fino a quando non è successo a me». Dopo di questo racconta la storia, lanciandosi – di base – in quello che è un volo pindarico privo di prove che possano confermare quanto l’autore afferma. Lui e sua moglie erano in auto, hanno parlato di casette su ruote, e «un’ora dopo arrivo a casa, accendo il pc e al primo clic, sul sito di un quotidiano, si apre un banner: pubblicità di casette su ruote». Da lì la supposizione che lo smartphone abbia ascoltato la conversazione e il conseguente, già sentito, discorso in merito al fatto che i nostri dispositivi mobili ci ascoltino.
Sono molti i giornalisti e gli sviluppatori che hanno provato a capire se sia possibile che i cellulari ci ascoltino sia con il microfono attivo che con il microfono inattivo. Il responso è sempre stato no. Già nel 2016 Facebook ha dovuto smentire pubblicamente di essere costantemente all’ascolto di quello che i cittadini dicono. Ci sono stati anche dei ricercatori della Northeastern University di Boston che hanno studiato 17 mila tra le app più popolari per Android (compreso Facebook e 8 mila app che fornivano informazioni a Facebook). Il risultato è stato che nessuna di quelle ha mai utilizzato il microfono di nascosto – come riporta Il Post -.
I nostri smartphone non ci ascoltano, fino a prova contraria, a meno che non siamo noi a dare esplicita autorizzazione perché un’applicazione utilizzi i microfono.
(Immagine copertina da La Repubblica)