La denuncia per omicidio colposo contro Meta per il suicidio di un ragazzo di 17 anni

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La dipendenza dai social network Snapchat e Facebook avrebbe indotto il giovane diciassettenne al suicidio

Problemi in arrivo per Meta. Ma la piattaforma non è nuova alle accuse. Una nuova causa intentata contro Snapchat e Meta sostiene che le piattaforme avrebbero creato «consapevolmente e di proposito» prodotti dannosi e avvincenti che avrebbero portato al tragico gesto un ragazzo di 17 anni. Meta ed il ragazzo suicida: nuova causa contro l’azienda di Zuckerberg, e anche contro Snapchat. Condivisa con Gizmodo e presentata a nome dell’adolescente del Wisconsin Christopher J. Dawley dal Social Media Victim Law Center, l’azione legale vuole dimostrare che le due società sono responsabili per aver contribuito a quella che viene definita come una «crescente crisi di salute mentale» in bambini e adolescenti negli USA.



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Accusata Meta per il ragazzo suicida: la piattaforma avrebbe generato una dipendenza tale da averlo indotto al suicidio

Pochi giorni fa vi abbiamo parlato del recente studio condotto in Gran Bretagna da alcuni ricercatori che volevano capire se vi fosse una correlazione tra la depressione dei giovani ed il loro utilizzo dei social network. Secondo lo studio, in realtà, non ci sarebbe una diretta relazione tra l’uso eccessivo dei social ed il malessere dei ragazzi. Certo, è vero che i social media possono avere effetti indiretti sulla felicità, ma nessuno studio ha ancora trovato una specifica e diretta correlazione tra social media e benessere: «ci sono stati assolutamente centinaia di questi studi, quasi tutti che hanno mostrato effetti piuttosto piccoli», ha dichiarato Jeff Hancock, psicologo comportamentale della Stanford University che ha condotto una meta-analisi di 226 tali studi. La causa intentata ora contro Meta e Snapchat sostiene che il decesso per suicidio del giovane nel gennaio del 2015 è stata causata, in parte, dalla sua dipendenza dai «prodotti di social media irragionevolmente pericolosi e difettosi» realizzati da Meta, società madre di Instagram e Facebook, e Snap Inc, proprietario di Snapchat. Snap non ha rilasciato dichiarazioni, mentre un portavoce di Meta ha confermato che i social media possano influire tanto positivamente quanto negativamente sulle persone, ma ha sottolineato che sono i modi, più che il tempo, in cui le persone trascorrono il loro tempo sulla piattaforma ad essere dirimenti. Il portavoce non ha commentato oltre, ma ha indicato a Gizmodo un lungo elenco di strumenti e risorse che la società avrebbe messo in atto durante gli ultimi anni per diminuire la visibilità di contenuti potenzialmente dannosi e per ausiliare gli utenti in uno stato di difficile salute mentale.



Una denuncia simile è stata presentata contro le due stesse piattaforme lo scorso gennaio per il presunto ruolo delle società nel gesto suicida di una ragazza di 11 anni. In quel caso – che è stato anche archiviato dal Social Media Victims Law Center -, la giovane Selena Rodriguez avrebbe sofferto di «estrema dipendenza da Instagram e Snapchat» per oltre due anni ed un terapista ambulatoriale, cui si fa riferimento in quella denuncia, avrebbe dichiarato «non aveva mai visto un paziente dipendente dai social media». In questo caso, però, il problema è che i documenti interni di Meta, trapelati lo scorso anno dall’informatore Francis Haugen, hanno rivelato che i funzionari di Meta erano realmente a conoscenza dei danni alla salute mentale dei giovani iscritti alla piattaforma, anche se – a quel tempo – Meta stava pensando ad un nuovo servizio Instagram for Kids che avrebbe permesso ai genitori di monitorare i loro figli sul social. Un responsabile della ricerca su Instagram delinea il meccanismo che opera in questi casi nei ragazzi: «loro [adolescenti] spesso si sentono “dipendenti” e sanno che quello che stanno vedendo è dannoso per la loro salute mentale, ma non si sentono in grado di fermarsi». Già qualche tempo fa, tra l’altro, Facebook veniva accusata di non fare abbastanza per tutelare i minori sulla piattaforma, per evitare loro di essere vittime di abusi a sfondo sessuale tramite video e foto non censurate dal social.

Il fondatore di SMVLC, Matthew P. Bergman, ha dichiarato in una nota che «la testimonianza del Congresso ha dimostrato che sia Meta Platforms che Snapchat erano consapevoli della natura avvincente dei loro prodotti e non sono riusciti a proteggere i minori in nome di più clic e entrate aggiuntive», aggiungendo: «chiediamo alle società madri di Facebook, Instagram e Snapchat di dare la priorità alla salute e al benessere dei propri utenti implementando misure di salvaguardia per proteggere i minori dal pericolo di cyberbullismo e sfruttamento sessuale che dilagano sulle loro piattaforme». Secondo la causa, sarebbe «tecnologicamente possibile» creare prodotti sui social media che riducano di molto sia l’incidenza che il quantum del danno agli utenti «ordinari» e ai minori.



Foto IPP/Capital Pictures